Si è aperta una nuova fase per i lavori di restauro a Palazzo Ottolenghi che ospiterà altri musei, spazi espositivi, un ristorante, una vineria e uffici per il coworking. In particolare il nuovo cantiere, inserito nel Programma Operativo Regionale e finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2014-2020 (FESR) ha come obiettivo il completamento dei lavori di ristrutturazione e restauro del piano nobile. Due i lotti che interessano Palazzo Ottolenghi il primo dei quali prevede il completamento del restauro conservativo del piano nobile, già avviato nel 2014 con gli interventi nello scalone, nel salone degli specchi e nella sala adiacente, detta “sala dei ritratti di famiglia”.
Il cantiere interessa tutte le sale della manica prospiciente corso Alfieri, situate a destra e a sinistra del nucleo già restaurato. Il valore totale dei nuovi lavori ammonta a 1.578.064 euro. Previsti interventi sui serramenti, impianti, murature, pavimenti, volte, arredi mobili per riportare all’antico splendore una parte della “Versailles astigiana”, le sale auliche della famiglia Ottolenghi, cercando di riproporre gli ambienti e gli arredi dell’epoca utilizzando quanto rimasto tra mobilio, suppellettili, quadri e opere d’arte.
Asti avrà nuovi musei
Il piano nobile diventerà il “museo di se stesso” in onore della famiglia Ottolenghi, ultimi grandi mecenati della nostra città. «I lavori serviranno a restituire l’ambientazione originale ottocentesca della dimora di Ottolenghi e l’allestimento del Museo Ottolenghi, multimediale, che racconterà la storia della città, del palazzo, della famiglia e in particolare dell’abitazione di Palazzo Ottolenghi – spiega l’architetto Cristina Cirio, responsabile dell’Ufficio Edifici Storici del Comune – I lavori sono iniziati a ottobre e dureranno 18 mesi, fino all’aprile del 2024. Questo intervento si aggiunge ai lavori già completati in precedenza, quelli del restauro dell’androne, dello scalone principale, della sala degli specchi e della sala dei ritratti che proprio grazie a questi ultimi interventi vedrà nuovamente esposti i ritratti già restaurati». In particolare la parte museale sugli Ottolenghi sarà divisa in quattro sezioni: Gli Ottolenghi e la loro città, Gli Ottolenghi ed il loro palazzo, Gli Ottolenghi e la Comunità ebraica astigiana, Salvatore: l’inventore della polizia scientifica.
Dal cinema alle eccellenze
Un’altra parte dell’edificio, interessata dai lavori del secondo lotto che si apriranno a gennaio, sarà adibita a Museo del Cinema (si allestirà al piano superiore, sopra il ristorante) per far conoscere la figura e l’arte del regista astigiano Giovanni Pastrone. Ma il futuro Palazzo del Vino, come dovrebbe chiamarsi Palazzo Ottolenghi quando tutti i lavori saranno conclusi, ospiterà anche un Museo del Vino e del Vermut, multimediale e ricco di informazioni sul prodotto d’eccellenza del nostro territorio. Ci sarà quindi un ristorante (dove una volta era ospitato Il Museo dell’Immaginario, animato da Antonio Catalano, il Magopovero), un’enoteca (dove oggi ci sono i garage verso la manica del Diavolo Rosso), ma anche uno spazio espositivo permanente per valorizzare artisti astigiani che non sempre riescono a trovare luoghi dove poter esporre le loro opere.
Fuori dall’attuale lotto dei lavori resta il secondo piano del palazzo per il quale il Comune dovrà trovare ulteriori finanziamenti. «Finalmente iniziamo a vedere i lavori al Palazzo Ottolenghi relativi al progetto “Vino e Cultura”, – commenta il sindaco Maurizio Rasero – Ne siamo felici perché quel luogo sarà centrale nell’offerta culturale di Asti. A Palazzo Ottolenghi troverà spazio il vino, l’enogastronomia, la storia e la cultura di questa città cui aggiungeremo il Museo del Cinema e quello sulla famiglia Ottolenghi».
«Il nuovo allestimento multimediale – aggiunge l’assessore alla Cultura Paride Candelaresi – consentirà di conoscere meglio la storia di una delle più nobili e importanti famiglie che hanno fatto la storia della nostra città». Il responsabile del procedimento e dei lavori è l’ing. Paolo Carantoni, dirigente del Comune. Con lui lavorano gli architetti Cristina Cirio e Simona Amisano e il geometra Emilietta Prescinotto. Il team dei progettisti è composto da I.C.I.S. Srl, dagli architetti Giorgio Gilardetti, Andrea Coppo e dall’ingegnere Christian Baldini.
La sfida del restauratore Andrea Bottura
Palazzo Ottolenghi è uno degli edifici storici più importanti della città. Dopo l’ultimo restauro di alcune delle sale nobili del primo piano è da molti definito la “la piccola Versailles di Asti”. Costruito intorno a meta del ‘700 dall’unione di due nuclei abitativi differenti, l’edificio ha avuto momenti di grande sfarzo e altri di gravi criticità, cambiando più volte i proprietari. Il momento più importante della sua storia si rifà a quando era di proprietà della famiglia Ottolenghi (i primi titolari furono Zaccaria David Ottolenghi e suo figlio Jacob Sanson) che lo acquistò il 22 aprile 1851, dopo una serie di passaggi di proprietà iniziati a metà del XVIII secolo con il Conte Carlo Gabuti di Bestagno. Dopo gli Ottolenghi fu sede della Prefettura, fino al 1962, per poi passare in mano al Comune che lo adibì a vari scopi, tra cui sede di uffici.
Oggi tra quelle stanze si sta portando avanti un importante lavoro di recupero sotto il coordinamento del restauratore veneziano Andrea Bottura che incontriamo durante un sopralluogo nel cantiere. Qual è la sfida di questo cantiere? «In questo caso la sfida è data dallo stato di precarietà in cui versano alcuni ambienti e portarli alla loro originalità non sarà semplice – spiega il restauratore – Ci saranno alcune scelte tecniche da prendere insieme alla direzione e altri altri restauratori». Ma quando un luogo è fortemente compromesso, fino a che punto ci si può spingere nel tentativo di riportarlo al suo antico splendore? «Vale sempre il buonsenso, – risponde Bottura – ci sono situazioni in cui se l’opera è molto compromessa, e non vale la pena di riportarla allo stato d’origine, è bene conservarla così com’è e farla apprezzare come un’opera vissuta che ha avuto il suo tempo e il suo decorso. In questo caso c’è bisogno di andare oltre e ripristinare le linee dello stato originario di come nasceva il palazzo». Ma saranno luoghi fruibili o dovranno essere tenuti sotto un campana di vetro? «Io sono per la fruizione dei luoghi storici perché credo che la consapevolezza della nostra storia sia giusto apprezzarla dal vivo, non solo leggerla sui libri. – osserva Bottura – È importante, però, rispettare gli ambienti nei quali si fa una visita. Ma una buona gestione permette veramente di fare un salto di qualità culturale, soprattutto per chi abita sul territorio che magari non ha mai visto questo palazzo e forse non conosce l’esistenza di certe bellezze che contiene».
[foto Ago]