Lo dice sottovoce ma gli scappa comunque: «Avevo quasi pensato di ritirarmi finalmente in pensione, poi l’arrivo di Roberto e Monica mi ha fatto cambiare idea. Alle nostre attività di vigneto, allevamento di fassona piemontese da carne, fattoria didattica e agriturismo, potremmo affiancare la coltivazione di un grande orto e di grani antichi».
Perchè Franco Fischetti, 76 anni, ha ancora l’entusiasmo che nel 1972 lo portò insieme alla moglie Lucia e ad altri amici a aprire la Comune Agricola in un ex convento del Tortonese e nel 1980 ad avviare la cascina agrituristica biologica Terra e gente ad Albugnano.
Da allora è un faro per chi si avvicina all’agricoltura con metodo biologico che comprende cura per l’ambiente e per le persone che ci vivono.
Terra e Gente è strutturata come cooperativa vera.
«Qui non esiste la proprietà privata, tutto è di tutti» spiega Franco che condivide la vita di cascina oltre che con Lucia anche con il figlio Andrea, Sebastian e Adele di 32 anni e il loro bimbetto Giorgio di 2.
Qualche mese fa hanno messo un annuncio per cercare nuove coppie o famiglie che vogliano entrare nella cooperativa per aiutare a gestire tutti i settori dell’azienda (molto forte sull’offerta agrituristica) e per rinnovare le forze.
Ma, soprattutto, persone che condividano la filosofia di Terra e Gente che, appunto, è quella di vivere e contribuire alla gestione della cascina in base alle necessità e alle competenze di ognuno dei soci.
«Non ero molto ottimista ma poi sono arrivati Roberto e la moglie, una coppia di mezza età che ha lavorato per anni con la nostra stessa filosofia in una cascina di Avigliana. Erano mezzadri e ora la cascina è in vendita così stavano cercando un altro posto. Ci siamo incontrati, ci siamo piaciuti, ci siamo capiti e fra quindici giorni comincerà il loro trasloco da noi».
Un trasloco che porterà in dote le competenze di coltivazione dell’orto e dei grani antichi con relativi macchinari a misura di collina e riaccende l’entusiasmo (mai domo, peraltro) di Franco.
«Sono profondamente convinto che ci si salva solo se si lavora insieme. E oggi più che mai serve costruire una moderna arca che, al posto degli animali, o comunque non solo, punti alla salvezza dell’umanità. Che, ricordo, continua a rappresentare solo l’1% di tutti gli esseri viventi del pianeta. Ma è anche l’unica che non fa nulla per far sopravvivere la propria specie, anzi agisce per distruggerla».
Su 40 candidati, solo 6 erano italiani
Anche Cà Mariuccia, sempre di Albugnano, con un po’ di fatica nella ricerca, è riuscita a trovare l’aiuto per portare avanti la sua azienda improntata all’agricoltura naturale, alla permacoltura con annessa fattoria didattica e attività di ristorazione. Una cascina contemporanea fondata da un imprenditore del lusso che per il suo compleanno di mezza età si è regalato una seconda vita nella natura. «Sembra di essere tornati agli Anni Cinquanta quando le famiglie meridionali che arrivavano a Torino venivano reclutate fuori dalle stazioni ferroviarie da chi cercava operai per le fabbriche – dice Andrea Pirollo, anima di Cà Mariuccia insieme alla moglie Angela – Abbiamo preparato l’annuncio in cinque lingue e pubblicato ovunque sui nostri social». Risultato? «Abbiamo ricevuto 40 candidature e di queste solo 6 di italiani, tutti gli altri stranieri – risponde Pirollo – Tenendo conto che abbiamo proposto un contratto fisso, 40 ore settimanali di lavoro, un buon stipendio per operai non specializzati e offerto la casa, nel senso che l’abbiamo affittata e paghiamo noi tutto».
Alla fine i selezionati sono stati due ragazzi africani provenienti dal Gambia. Uno assunto solo per due mesi perchè viene da Saluzzo e ha dato disponibilità solo nel periodo di “fermo” della lavorazione della frutta. L’altro, suo amico connazionale, arriva da Torino. Pieno di buona volontà ma parla poco italiano, non ha la patente e non può usare trattore e altri mezzi perchè ad oggi non riesce a prendere anche gli altri patentini. «Il che significa che, pur con due neo assunti che si aggiungono al ragazzo pakistano che è già con noi da tempo, dovrò comunque rivolgermi ai contoterzisti per i lavori meccanizzati pur disponendo dei mezzi. Le piccole aziende agricole non possono continuare a fare da ammortizzatore sociale per la formazione della manodopera». E poi racconta quali sono gli ostacoli maggiori che rendono difficile trovare personale per la lavorazione in azienda. «In questa zona del Nord Astigiano, straordinaria per i suoi panorami e le sue caratteristiche morfologiche, non si trovano case da affittare (o comunque i proprietari non le affittano a stranieri o anche solo forestieri) e non ci sono mezzi pubblici comodi per raggiungere il posto di lavoro. Così chi non è autonomo negli spostamenti non ci prende neppure in considerazione».

Alla disperata ricerca di un mungitore di capre
Mentre le due ricerche di lavoro nelle cascine di Albugnano sono andate a buon fine, più difficile trovare risposta ad una ricerca di manodopera anche non specializzata che arriva da un’altra azienda agricola, di un paese non lontano, sempre nel nord Astigiano.
In questo caso si tratta di un avviato allevamento di capre da latte, cresciuto nel tempo con l’annesso caseificio e una serie di partecipazioni a mercati rinomati e conferimenti a numerosi negozi anche del Torinese.
Qui si cerca un mungitore o una mungitrice di capre. Non a mano, ma con appositi macchinari che raccolgono tutto il latte destinato a formaggio.
Si parla di quattro ore di lavoro al giorno, dal lunedì al venerdì, con regolare contratto, formazione, visita medica e affiancamento. L’annuncio è comparso ovunque, sui social e non solo, ma di mungitori nessuno in vista.
«Di gente ne è arrivata – spiega la contitolare – ma tanti hanno rifiutato e altri non erano in grado di gestire animali e macchinari, entrambi delicati e per i quali è necessaria manualità e rispetto. E poi la distribuzione delle quattro ore di lavoro: due al mattino presto e due nel tardo pomeriggio. Orario non dettato da noi, ma dalla lattazione delle nostre capre. Risultato? Stiamo ancora cercando».