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“Achille Jona, sionista convinto che aiutava gli Ebrei internati nella zona di Moncalvo”

Ieri, in occasione del Giorno della Memoria. la commemorazione organizzata dall’Associazione Italia Israele al cimitero ebraico

Con una breve ma sentita cerimonia ieri (giovedì), nel cimitero ebraico di Asti, è stata commemorata la figura di Achille Lino Jona, quarto figlio di Olga e Leopoldo Jona.
Tra i presenti all’incontro, organizzato dall’Associazione Italia Israele,il presidente del sodalizio, Luigi Florio, il sindaco Maurizio Rasero e la nipote di Achille Jona, Tullia Jona.

L’intervento di Luigi Florio

“Abbiamo voluto dedicare questa Giornata della Memoria ad Achille Jona – ha esordito Florio – figura emblematica ma meno conosciuta rispetto al resto della sua famiglia”. Lino era un giovane molto intelligente e, dopo aver frequentato il liceo classico ad Asti, si iscrisse al prestigioso Istituto universitario Ghisleri di Pavia grazie a una borsa di studio voluta da Cesare Artom.
“Tuttavia, quando arrivarono le leggi razziali – ha continuato – Lino fu costretto ad abbandonare Pavia e a laurearsi al Politecnico di Torino”. Iniziò quindi a lavorare come ingegnere in un’azienda in provincia di Livorno ma poco dopo, a causa delle stesse leggi, perse il lavoro e tornò ad Asti dove si dedicò a lavori manuali e al volontariato, andando ad aiutare gli internati ebrei nella zona di Moncalvo.
“Tutti i giorni – ha ricordato – Lino partiva dalla sua casa di piazza Medici e, in bicicletta, andava a Moncalvo portando denaro, viveri e indumenti”. Una situazione che lo fiaccò nello spirito e nel fisico tanto da condurlo, nel dicembre del ’42, a soli ventiquattro anni, alla morte causata da una tubercolosi fulminante. Nonostante agli Ebrei fosse vietato mettere necrologi, al suo funerale intervennero tanti Astigiani incuranti della propaganda antiebraica”.
“Achille Lino Jona – ha continuato – è stato uno dei pochi sionisti astigiani convinti. Molto credente, ha contribuito alla raccolta fondi per la rinascita dello Stato di Israele e, se fosse vissuto, avrebbe voluto trasferirsi in quello che sperava potesse diventare uno Stato ebraico”.
“Una morte prematura la sua – ha concluso – che lo ha sottratto alla sorte toccata a parte dei suoi cari perché probabilmente, nel 1944, sarebbe finito anche lui ad Auschwitz”.

Le parole del sindaco

“Ho da fare tre considerazioni – ha aggiunto il sindaco Rasero – la prima è che il Giorno della Memoria dovrebbe essere 365 giorni all’anno, la seconda è che non bisogna cadere in una pericolosa indifferenza. Infine, che è fondamentale essere uniti e forti per aiutare i nostri giovani a comprendere per poter diventare protagonisti di una società migliore”.
Il sindaco ha poi proposto il posizionamento di una “pietra d’inciampo” in via Massimo d’Azeglio 1, abitazione della famiglia Jona, idea lanciata tempo fa anche dall’Associazione Italia Israele ma poi bloccata dalla pandemia.

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