«Non vengono fermati e sfrecciano ovunque con le loro bici non omologate, dalle frazioni alla Ztl e perfino nell’isola pedonale. Questo penalizza tutto il sistema delle consegne food delivery». Questa volta a puntare il dito contro i rider che utilizzerebbero mezzi non omologati, violando il Codice della Strada, è proprio un rider, Simone, 32 anni. Da tre anni anche lui lavora per consegnare i cibi a domicilio, prima adoperando una bici (a norma), poi la sua moto per la quale, oltre a indossare il casco, paga bollo, assicurazione osservando i limiti e i divieti stradali.
Ma, nel mondo degli algoritmi con cui vengono gestite le consegne a domicilio da parte delle piattaforme on line, lavorare come rider adoperando una bici è molto diverso che farlo con una moto o un’auto.
Basti solo pensare al fatto che auto e moto non possono passare dalle Ztl, ma devono effettuare giri più lunghi e quindi aumentano il tempo di consegna. Ma per i rider il tempo è denaro, significa poter ricevere più ordini e quindi garantire più consegne in una lotta per dimostrare all’algoritmo di “essere competitivi”. Simone, che lavora per la piattaforma Deliveroo (di cui riconosce l’osservanza delle normative vigenti), chiama in causa i rider di Glovo.
«Ad Asti a consegnare per Glovo sono in prevalenza pakistani che usano bici non omologate. Di solito sono acquistate a Torino per un costo di circa 900 euro. Sono mezzi dotati di acceleratore e a cui viene tolto il limitatore di velocità – osserva – Così diventano dei veri e propri motorini che, però, non hanno l’obbligo della targa, dell’assicurazione, del bollo, del casco e che possono entrare nelle Ztl e passare ovunque». Qui c’è il primo problema di sicurezza perché anche gli astigiani vedono ogni giorno questi rider sfrecciare su e già per effettuare le loro consegne, viaggiando contromano, sotto i portici, sui marciapiedi, violando il Codice della Strada e creando un potenziale pericolo a pedoni e automobilisti.
«Qualche sera fa ero in moto per effettuare una consegna – continua il rider – e pur viaggiando a 40 km orari mi precedeva uno di questi “colleghi”, sulla bici, che andava più veloce. Questo ciclista ha anche preso una rotonda contromano». «Per essere a norma – continua Simone – dovrebbero usare bici a pedalata assistita, di quelle che se smetti di pedalare, il motore smette di spingere. Mi chiedo quanti di questi veicoli siano stati controllati fino a oggi. Tra l’altro la maggior parte dei pakistani ha anche la patente, ma in questo sistema malato guadagnano meglio di chi è in regola, non spendendo quasi nulla in Italia».
Per Simone il problema è sì contrattuale per un settore che, in più occasioni, è stato accusato di sfruttare i lavoratori che a loro volta sono sprovvisti di molte tutele previste nei contratti collettivi nazionali, ma è anche una questione di sicurezza e rispetto delle regole che devono valere per tutti.
«È necessario intensificare i controlli mirati su queste bici perché, se venissero fermate, la piattaforma che utilizza quei rider inizierebbe ad allertarsi e qualcosa potrebbe cambiare o, al massimo, potrebbe anche decidere di lasciare la piazza di Asti».
La replica dell’assessore alla Sicurezza Giacomini
È con un approccio volto alla moderazione che l’assessore alla Sicurezza e alla Polizia Municipale, Luigi Giacomini, intende affrontare la questione dei rider in città. «Il problema c’è e spesso li vediamo infrangere il Codice della Strada, andando contromano, ma chiederò più controlli da parte della polizia municipale affinché vada a identificare questi soggetti magari per coinvolgerli in giornate formative nelle quali spiegheremo loro le norme del Codice della Strada». L’assessore poi invita il rider che si è rivolto al nostro giornale (vedi articolo a lato) a prendere contatti con il comando della municipale e con il suo stesso assessorato per parlare della questione.
Tema che Giacomini spiega di voler portare anche all’attenzione del Tavolo per la Sicurezza in Prefettura.
[nella foto un rider che viaggia contromano in corso Alfieri]