Un bambino che arriva in una nuova famiglia, con alle spalle un passato di abbandono e solitudine. Una coppia che vede coronato il suo sogno di genitorialità pronta a donargli amore e accoglienza.
Un bambino che arriva in una nuova famiglia, con alle spalle un passato di abbandono e solitudine. Una coppia che vede coronato il suo sogno di genitorialità pronta a donargli amore e accoglienza. Tutto questo si traduce con l'adozione, un istituto volto a garantire al minore il suo diritto ad una famiglia, che allo stesso tempo si concretizza come una scelta fatta con il cuore. Una risorsa sociale indispensabile quanto preziosa per contrastare l'abbandono dei minori, sia a livello nazionale che oltre confini ma che purtroppo segna il passo con il difficile momento storico del Paese. Purtroppo la crisi economica, oltre a falcidiare le sicurezze e i progetti materiai delle coppie, come l'ipotesi dell'acquisto di una casa, sta in questi ultimi anni costringendo coloro che non possono avere figli naturali a rinunciare all'adozione.
A dirlo a livello locale, gli esperti del settore già in un convegno organizzato nel giugno scorso a Monastero Bormida sotto l'egida della F.A.T.A. Onlus, l'associazione che nel sud della provincia riunisce le famiglie adottive e affidatarie. Secondo i dati del CISA, infatti, le domande di adozione presentate quest'anno ai suoi sportelli sono state 5, una in più rispetto all'anno precedente contro le 7 richieste nel 2012, le 6 del 2011 e le 16 domande del 2006. Anche a livello nazionale i dati non sono rassicuranti: stando al rapporto CAI (Commissione per le Adozioni Internazionali) del 2012, il numero delle adozioni è calato di quasi un quarto (-22,8%), così come per le domande nazionali, contratte del 33%.
Per Concetta Magnano, assistente sociale al CISA di Nizza Monferrato, la spiegazione è semplice quanto cruda: «Le famiglie, soprattutto quelle a monoreddito o con impieghi precari, non ci pensano neppure a ricorrere all'adozione. Non solo perché il percorso non è dei più semplici e richiede un grande impegno da parte della coppia a cui viene richiesto di partecipare a incontri, spesso in orari di lavoro, per la valutazione della loro domanda ma anche a causa della nuova normativa in materia che riduce ulteriormente i requisiti per la dichiarazione di adottabilità e quindi la possibilità di adottare attraverso le modalità nazionali, a costo zero. Di conseguenza, molti di coloro che desiderano un figlio, magari in tempi brevi, si rivolgono all'adozione internazionale, con costi non proprio alla portata di tutti (sui 20 mila euro) e chi non può, rinuncia».
Dunque, è così complesso adottare al giorno d'oggi? A uno sguardo superficiale la risposta più ovvia parrebbe affermativa in quanto l'iter di una domanda di adozione non si esaurisce con un modulo compilato e timbrato ad uno sportello. Ma cosa deve fare una coppia che decida di adottare? Innanzitutto, il consiglio è di recarsi presso lo sportello dei Servizi Sociali del Comune di Asti o del CISA e del COGESA per ricevere le prime informazioni. Normalmente si viene indirizzati ad un corso di orientamento della durata di due giorni e nel corso del quale gli assistenti sociali, gli psicologi e i rappresentanti degli enti riconosciuti a intraprendere le adozioni internazionali forniscono le prime indicazioni e guidano la coppia in un percorso di consapevolezza della scelta che sta per intraprendere. Dopo di ché si presenta la domanda "di disponibilità all'adozione" al tribunale dei Minori di Torino in triplice copia e destinata all'assistente sociale, allo psicologo e alla medicina legale.
In questo frangente gli ascendenti, ovvero i genitori della coppia, devono concedere la propria autorizzazione alla domanda in quanto questi devono essere favorevoli ad accogliere il bambino a cui sarà dato il loro cognome. Nel frattempo l'assistente sociale, lo psicologo e il medico legale hanno quattro mesi di tempo per svolgere i colloqui e le visite mediche necessari e il cui esito determinerà l'idoneità della coppia ad adottare. Una volta consegnate le relazioni al giudice, questo ha tempo 15 giorni per incontrare la coppia e altri due mesi dal colloquio per decidere sull'idoneità. Nel caso la domanda dei coniugi sia rivolta anche per l'adozione internazionale, il giudice emetterà un decreto, valido tre anni, necessario per il disbrigo delle pratiche all'estero. I tempi di attesa, rischiano di essere lunghi, possono durare anni anche se non per tutte le coppie è lo stesso.
«Ci sono casi in cui una coppia ha atteso uno o due anni prima di essere abbinata dal Tribunale ad un bambino ma conosciamo coppie per le quali non sono trascorsi neanche 15 giorni dal decreto di idoneità. Purtroppo, alle volte è questione di fortuna. Nell'avere i requisiti giusti per quel particolare bambino che in quei giorni è stato dichiarato adottabile» spiega Concetta Magnano. La normativa italiana sulle adozioni è stata infatti modificata nel 2001. Oggi, nel nostro paese è molto difficile che un giudice disponga lo stato di adottabilità di un minore perché prima lo Stato pone in essere tutti gli strumenti necessari per aiutare i genitori naturali ad assumere responsabilmente il proprio ruolo. Solo in casi estremamente gravi, quando la genitorialità non è recuperabile, si constata l'abbandono del minore e si toglie la podestà genitoriale. Ecco spiegato perché in Italia ci sono sempre meno bambini adottabili.
«Si sente spesso dire che gli istituti traboccano di bambini abbandonati, non è così ? puntualizza la Magnano ? Innanzitutto nel nostro Paese non abbiamo più "istituti" ma case famiglie o comunità con al massimo 10 minori. Di questi, quasi la totalità sono ragazzi le cui famiglie non hanno perso la podestà genitoriale perché, benché problematiche, sono famiglie recuperabili. Un esempio su tutti: nelle strutture gestite dal CISA, al momento, non ci sono minori in stato di adottabilità». E non è così semplice neppure il percorso dell'adozione internazionale, in paesi dove, effettivamente, se da una parte gli istituti veri e propri ancora esistono così come l'alto tasso di abbandono infantile dall'altra la normativa sta diventando selettiva nei confronti delle coppie straniere che vogliano un figlio.
«Ci sono paesi, in America Latina ma anche in alcuni dell'Est Europa, che hanno costituito un canale preferenziale per le coppie locali mentre per gli italiani o per le coppie straniere in generale resta la possibilità di adottare solo bambini con handicap e patologie ereditarie o ragazzi sopra gli 11 o i 15 anni d'età – continua la Magnano -? e non tutte le coppie sono disponibili a queste condizioni». Con questa panoramica risulta difficile per una coppia non scoraggiarsi.
Nello specifico, per quanto concerne le modalità di valutazione della domanda spesso si sente chiedere, provocatoriamente, se questo non sia un procedimento di selezione eccessivamente rigido e invasivo nei confronti di una coppia che desidera solo donare amore. Da considerare, che ai fini della valutazione i candidati sono sottoposti a due colloqui di coppia, a una visita domiciliare e a due colloqui singoli per ciascuna delle relazioni, quella dell'assistente sociale e quella dello psicologo. Una vera gincana di domande trabocchetto. «La procedura è complessa e l'indagine è approfondita ?- spiega Mara Begheldo la direttrice del CISA -? proprio per fare in modo che la coppia sia consapevole del grande impegno che ha deciso di affrontare. Un figlio adottivo costringe a fare i conti con i propri limiti perché se da una parte è una meravigliosa opportunità di vivere la propria genitorialità e di completare la propria immagine di famiglia, dall'altra ci si scontra con bambini e poi ragazzi fragili che hanno subito un abbandono e ne portano i segni».
Un'indagine minuziosa, quindi, ma cosa viene valutato esattamente? In pratica ogni aspetto della vita di coppia, non solo da un punto di vista materiale, della stabilità economica ma anche relazionale, ambientale e della capacità affettiva. «Quando un assistente sociale si presenta a casa di due potenziali genitori, lo fa con gli occhi del bambino -? continua la Magnano -? non ci limitiamo ad osservare l'ambiente ma mettiamo alla prova le reazioni dei coniugi, come interagiscono tra loro. Se sono realmente pronti ad accogliere un bambino, il quale dopo l'abbandono dalla madre naturale ha tutto il diritto di essere amato incondizionatamente». Perché il nodo cruciale per la coppia che intenda ottenere l'idoneità all'adozione è il superamento del "lutto".
«Non intendiamo solo il lutto in senso stretto come, per esempio, il dolore per una serie di aborti che hanno impedito la genitorialità naturale -? spiega la Direttrice Mara Begheldo -? ma soprattutto l'idea di una maternità o paternità negata. Non è facile, bisogna elaborare la sofferenza e solo una volta accettato serenamente il fatto si può adottare. Il bambino che arriva in una nuova casa non deve essere considerato un "rimpiazzo" per una gravidanza che non è avvenuta ma un figlio a tutti gli effetti, a cui dare amore». L'accettazione non è semplice, ci spiegano dal CISA, e per molte coppie resta lo scoglio invalicabile al conseguimento dell'idoneità. Alle volte, però, non è detto che i problemi non sopraggiungano dopo.
«Capita che i genitori adottivi si carichino di aspettative che possono essere disattese. Immaginano una famiglia da "Mulino Bianco", perfetta. In fondo succede anche con i figli naturali. Alle volte il conflitto si risolve serenamente ma se il ragazzo o la ragazza arriva da un contesto difficile, da istituti o da situazione di abusi bisogna mettere in campo grande pazienza e comprensione e non tutti ci riescono» continua la Magnano che aggiunge come il 30% dei ragazzi adottati sono rimandati indietro. «Per questo dobbiamo essere molto selettivi nel nostro lavoro. Per impedire un secondo abbandono. In fondo siamo chiamati a decidere sul futuro di un bambino» conclude la direttrice aggiungendo che «per un caso che, sfortunatamente, non ha successo, ce ne sono altri 10 che sono una meraviglia, in cui si vede il coronamento di un sogno da parte di una coppia e la serenità per un bambino prima senza famiglia».
Lucia Pignari