La città pagò il prezzo di tre vite
Venticinque anni fa, la notte tra il 5 e 6 novembre, la valle venne sconvolta dall’alluvione. Il Belbo, fiumiciattolo tranquillo e sonnacchioso, si mangiò un letto troppo angusto, argini che anno dopo anno lo avevano imbrigliato, ponti gettati tra sponde esauste. Canelli pagò il prezzo più alto con tre morti.
Era un sabato. In piazza Cavour, come adesso, c’erano le giostre battute dalla pioggia. Da quattro giorni l’acqua cadeva, ininterrottamente. Canelli s’apprestava a celebrare la Fiera di San Martino e ad accogliere la carovana del tartufo. E aspettava. Un’attesa silenziosa, la tensione si tagliava con il coltello. Il fiume ululava liberando boati: erano alberi, pietre, persino una cisterna che passando sotto il ponte di corso Libertà urtò l’arcata in cemento armato facendo vibrare la struttura.
L’ansia dei commercianti
Tra i commercianti regnava l’incertezza: le “allerte” non esistevano ancora, ci si affidava all’intuizione.
La notte avanzava, Poi, il silenzio rotto da un rumore ovattato: il suono della devastazione.
L’alluvione era arrivata. Il Belbo aveva saltato la “ferrata”, il ponte della ferrovia all’altezza del Gazebo. L’acqua, o quel che era, si scorgeva nell’oscurità: i cavalloni si rincorrevano da viale Risorgimento a viale Indipendenza come fossero animali impazziti trasportando tronchi, auto, alberi divelti che galleggiavano tra le piazze Cavour, Zoppa e Gancia. La notte nessuno dormì, a Canelli.
Distruzione e desolazione
Venne mattina. La distruzione e la desolazione si erano impossessate della città. Le vetrine della maggior parte dei negozi non esistevano più, strappate dalla furia della natura insieme alle serrande. In via 1° Maggio una Fiat 127 era incastrata, a tre metri d’altezza, nella volta che univa due case. Spazzate via le sedi di Croce Rossa e Fidas. Il Municipio era semi allagato.
Il lunedì trascorse ancora come in tranche. La gente ripuliva muri, scopava fuori acqua dalle case, pompava liquido marrone dalle cantine ma senza un ordine preciso.
Gli angeli del fango
Martedì arrivò la prima carovana di aiuti: erano i Vigili del Fuoco Volontari di Trento, un avamposto degli “angeli in tuta rossa”. Arrivarono le squadre da Bellinzona, i Bersaglieri del battaglione “Legnano”. E migliaia di volontari che, per settimane, pulirono scantinati, sgombrarono strade e coscienze dalle brutture del disastro: fu la vera marea di solidarietà che aiutò Canelli a risollevarsi.
La città ricorderà le migliaia di volontari che l’aiutarono a risollevarsi sabato 16 novembre con una serie di eventi per non dimenticare.