Si accende il dibattito sulle difficoltà delle famiglie che si trovano a gestire anziani non autusufficienti. Oltre alla questione della lunghe liste di attesa per ottenere dall’Asl la copertura del 50% della retta delle Rsa convenzionate, spaventa l’approvazione di un emendamento in Senato che verrà posto all’esame dell’assemblea nei prossimi giorni. Parliamo dell’emendamento al Ddl 1241, presentato dalla senatrice della Lega Maria Cristina Cantù, che interviene sui Livelli essenziali di assistenza, suscitando l’allarme dei sindacati.
Ad intervenire, tra gli altri, i segretari generali nazionali di Spi Cgil (Tania Scacchetti), Emilio Didoné (Fnp Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uilp Uil) che hanno scritto al presidente del Senato Ignazio La Russa e ai presidenti dei gruppi parlamentari.
«La formulazione dell’emendamento è poco chiara – scrivono – tuttavia permette la possibilità di ridurre la copertura dei costi oggi a carico del Servizio sanitario nazionale per i “trattamenti estensivi di cura e recupero funzionale a persone non autosufficienti” e i “trattamenti di lungoassistenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi interventi di sollievo per chi assicura le cure, a persone non autosufficienti”. Incrementando così, ad esempio, la quota di rette e tariffe a carico de degli ospiti delle Rsa».
«Anziché intervenire, anche alla luce di recenti ordinanze in materia della Corte di Cassazione, per alleviare il peso che già grava sulle persone più fragili e sui loro parenti – evidenziano i sindacalisti – si penalizzano le famiglie con costi aggiuntivi. Ci auguriamo che l’emendamento venga ritirato e si apra finalmente un confronto con il Governo per la piena attuazione della riforma sulla non autosufficienza».
I malati di Alzheimer
Strettamente legata all’emendamento la situazione delle famiglie con parenti affetti da Alzheimer. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di un cittadino milanese, ha infatti recentemente affermato che le prestazioni socio-assistenziali per i pazienti affetti da Alzheimer (e altre malattie ingravescenti) devono essere considerate inscindibilmente connesse alle prestazioni sanitarie. Di conseguenza l’intero costo di permanenza nella Rsa (quota sanitaria e quota residenziale) deve essere a carico del Sistema sanitario nazionale.
Interpellato in merito, il direttore generale dell’Asl astigiana, Giovanni Gorgoni, ribadisce che «la normativa vigente in Regione Piemonte prevede unicamente il riconoscimento del 50% della retta a carico della sanità regionale in Rsa, senza differenziare persone con demenza e non. L’unica eccezione è per i pazienti con demenza associata a gravi disturbi comportamentali che possono essere inseriti in nuclei specifici di RSA (NDCT: Nucleo Declino Cognitivo, Temporaneo), in cui la retta è a totale carico dell’Asl per un massimo di 60 giorni (il tempo normalmente necessario per il controllo/gestione dei disturbi comportamentali) con successivo progetto domiciliare, se possibile, o passaggio in altro nucleo di Rsa, ma con retta ripartita».
Il direttore generale fa poi riferimento all’emendamento approvato in Senato. «Nel testo – afferma Gorgoni – si chiarisce il tema affrontato nella sentenza della Cassazione. Nell’emendamento (art. 13 bis – Modifiche all’articolo 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730) si stabilisce che “saranno a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario anche se connesse con quelle socio-assistenziali”».
I problemi di chi assiste
A ricordare quanto siano lasciate sole le famiglie che si trovano a gestire un parente non autosufficiente è Marcello Francesconi, geriatra e presidente dell’Associazione Alzheimer Asti. «Certe patologie – commenta – hanno un impatto molto forte sulla vita quotidiana delle famiglie. Il sistema per aiutarle in maniera concreta tuttavia esiste, ad esempio tramite i ricoveri di sollievo della persona non autosufficiente, per consentire ai famigliari di “tirare il fiato”, compartecipati tra cittadini e Asl, e l’istituzione di un hospice per malati terminali affetti da demenza».
«La politica – aggiunge Giuliano Maggiora, presidente di Alzheimer Piemonte – ha sempre evitato di affrontare il problema in modo serio. Il fatto che la quota sanitaria della Rsa non sia garantita è un problema enorme per molte famiglie, che diventa essenziale per quelle meno abbienti. Qual è il risultato? Molti si recano nei Pronto soccorso quando non sanno più cosa fare, come atto di “legittima difesa”; altri ricorrono all’aiuto di badanti; altri ancora si licenziano dal lavoro per assistere i parenti. Si sta spianando la strada ad un futuro assistenzialistico, quando invece si proclama di andare nella direzione opposta: i figli che danno fondo ai risparmi di famiglia per pagare le rette delle case di riposo dei genitori, oppure che si licenziano per assisterli, necessiteranno in futuro di assegni di sussistenza».
Secondo Maggiora, quindi, «sulla non autosufficienza deve essere garantita una politica lungimirante e rispondente alle esigenze delle famiglie».