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Attualità

Asti, canili pieni di pit bull abbandonati

Lo rivela una volontaria del canile di Asti che racconta come sia complessa la loro gestione e come sia difficile poi darli in adozione

Ne arrivano in continuazione

Al canile di Asti, come purtroppo in tante altri rifugi per cani, è emergenza pit-bull.
Ne arrivano in continuazione, di abbandonati senza microchip ed è difficile sia la loro gestione in canile, sia trovare padroni affidabili e responsabili che li adottino.
«Arrivano soprattutto quando hanno 1 anno o poco più – racconta Alessia, volontaria del canile municipale di Asti che si prende cura di questi “trovatelli” – e non è un caso. Infatti da piccoli sono cuccioli come tutti gli altri, forse un po’ più vivaci e irruenti degli altri, ma comunque facilmente gestibili. E’ dopo l’anno che viene fuori la loro natura. Che non va demonizzata. Troppo spesso – sottolinea Alessia – questi cani vengono etichettati come aggressivi ma loro non hanno alcuna colpa e non hanno nulla di sbagliato: sono il frutto di una selezione particolare con quelle caratteristiche e nulla possono fare contro la loro memoria di razza».
Non hanno colpe ma non sono cani per tutti, perchè sono impegnativi e non possono finire in mani sbagliate, altrimenti si trasformano in “strumenti” pericolosi.

Troppi “cagnari” in attività

«Se i pit bull vengono gestiti da allevatori seri, preparati e responsabili, non si verifica alcun problema – prosegue Alessia – perchè sanno come accoppiarli, mettendo insieme esemplari con caratteristiche complementari e affidano i cuccioli a persone che siano in grado di occuparsene seguendone anche l’addestramento. E anche riprendendoli indietro nel caso in cui la relazione fra cane e padrone non si instauri al meglio». Ma il problema non sono gli allevatori, bensì i cosiddetti “cagnari”. Così vengono definiti i privati cittadini proprietari di pit bull che li fanno accoppiare con altri cani della stessa razza senza alcuna selezione.
«E poi arrivano le cucciolate che, per questi cani, sono dai 7 ai 10 esemplari».
Molti dei “cagnari” cercano di piazzarli vendendoli e poi, quando non riescono (per tutti o per una parte), li regalano pur di disfarsene. Anche qui senza alcun criterio di affidamento.
Per il primo anno di vita le cose possono andare anche bene, ma poi emerge l’istinto predatorio, il caratere irruento e potente anche nel gioco, e i padroni cominciano a capire che non vanno d’accordo con altri cani e altri animali e non sanno più come fare a gestirli.
«E’ in quel momento che i pit bull vengono abbandonati e arrivano da noi – chiude il cerchio Alessia – mettendoci in difficoltà».

Gestione complessa anche in canile

Intanto perchè i pit bull sono cani che non possono condividere i box con altri cani, e questo riduce enormemente i “posti” al canile. Sono anche cani che hanno bisogno di potersi sfogare all’aperto ma non con gli altri ospiti del canile, costringendo i volontari a farli uscire in turni sfalsati. E poi, come già detto, sono difficili da dare in adozione, perchè, fra pregiudizio ed impegno, non sempre si trova l’affidatario giusto.
«Noi volontari, all’arrivo dei primi pit bull, ci siamo documentati e abbiamo anche seguito dei corsi di formazione per poterli gestire e seguire al meglio. Queste nostre esperienze vengono trasmesse a coloro che intendono adottarli, con un affancamento prima in canile e poi a casa anche se consigliamo sempre un percorso serio con un educatore».
Ma per un’adozione che va a buon fine, sono ancora troppi i pit bull “condannati” alla solitudine.
«L’unica soluzione è la sterlizzazione, anche perchè spesso nel nostro canile, ma anche negli altri, arrivano animali anche da altre parti dell’Italia. Purtroppo internet è stato deleterio per il dilagare di questo fenomeno – spiega ancora Alessia – tanti comprano un pit bull tramite annunci on line e poi, quando se lo trovano in casa, si rendono conto di non essere in grado di occuparsene ma non possono restituirlo e lo abbandonano».
La volontaria ricorda anche gli obblighi dei padroni di pit bull come di ogni altro cane: al compimento del mese di vita, ogni cucciolo deve essere microchippato, vaccinato e, in caso di cessione, deve registrare il passaggio ad altro privato.
«E’ davvero un peccato che i pit bull vengano demonizzati e dipinti come cani feroci – conclude Alessia – Non hanno alcuna responsabilità delle loro caratteristiche e basterebbe che venissero gestiti da persone responsabili che non si lasciano influenzare dalle “mode” che purtroppo imperversano anche nella scelta di un cane».

Daniela Peira

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