La candidatura di Asti a “Capitale europea del Volontariato” per il 2023 ha fatto scoppiare una nuova vivace querelle politica. Ancora una volta è la consigliera di minoranza Angela Quaglia (CambiAMO Asti) a sollevare il caso con una lettera inviata ai giornali.
«Come la sottoscritta, anche altri concittadini avevano inteso che il premio venisse conferito dalla Comunità Europea, tant’è che era stato lo stesso presidente della Regione a ritirare per conto del Comune, andando a Bruxelles, il certificato di partecipazione alla competizione – spiega Quaglia – Il certificato era stato poi consegnato, con una cerimonia pubblica al Battistero, al sindaco della città e all’assessore alle politiche sociali. Andando poi a cercare notizie su questo CEV (Centro Europeo del Volontariato) si scopre che le cose stanno in maniera molto, molto diversa. Il CEV è nato nel 1992 ed è una rete europea di una sessantina di organizzazioni dedicate alla promozione e al sostegno dei volontari e del volontariato a livello europeo, nazionale o regionale. Si tratta di organizzazioni che hanno come “fondamento comune i valori dell’Europa” (senza peraltro specificare quali) e puntano a fornire consulenze per una maggiore efficacia delle politiche del volontariato a livello europeo. I membri della rete sono inoltre supportati nella promozione dei propri obiettivi a livello nazionale/regionale ed europeo. Il CEV ha sede a Bruxelles e non ha fini di lucro».
Quaglia spiega quindi i compiti del CEV previsti dallo Statuto, «ma in sostanza – sottolinea – è una rete privata di associazioni di volontariato che cerca di partecipare a progetti europei ed intende rapportarsi anche con le istituzioni dell’UE senza però avere da questa un riconoscimento formale. Vedremo a settembre se si tratterà di una medaglia d’oro olimpica o di una medaglietta di latta».
«Occorre ripensare al ruolo del volontariato»
Con questo Angela Quaglia non intende svalutare l’opera dei volontari che ogni giorno lavorano al servizio degli altri, ma «occorre considerare – evidenzia – che anche in questo caso si è fatto un uso “addomesticato” della comunicazione, illudendo la città che si potesse avere un riconoscimento formale per il volontariato da parte dell’Unione Europea, quando invece sembra un modo per far parlare di sé (da parte del sindaco e dell’assessore) piuttosto che un modo concreto per valorizzare le esperienze astigiane».
«E al di là del riconoscimento, – conclude la consigliera di minoranza – occorre ripensare al ruolo del volontariato che non può sostituirsi al ruolo delle istituzioni: il Comune deve fare la sua parte non delegando solo ai volontari ruoli delicati di aiuto alle persone. Siamo ancora alla politica degli annunci: Asti “Capitale della Cultura” (rimasta nei cassetti) e adesso Asti “Capitale europea del Volontariato”. Al di là delle medagliette, però, ciò che interessa davvero sono servizi efficaci ed efficienti per i cittadini, svolti da chi ha titolo per erogarli e non solo delegati a persone di buona volontà».
La replica dell’assessore Mariangela Cotto
«Mi spiace per Quaglia, ma ha preso un abbaglio». Così l’assessore alle politiche sociali, Mariangela Cotto, replica alla consigliera che ha sollevato dubbi sul reale valore dell’eventuale riconoscimento di Asti “Capitale del Volontariato”. «Tutto è stato fatto in piena trasparenza – continua – e abbiamo lavorato alla candidatura con il Centro Servizi Volontariato Asti Alessandria. Il CEV funziona proprio come il CSV, ma a livello europeo e le azioni messe in campo sono riconosciute dall’UE. Se così non fosse non penso che il Presidente della Repubblica Mattarella avrebbe partecipato all’evento inaugurale di “Padova Capitale Europea del Volontariato 2020”. Ma quello che più spiace – continua l’assessore – è vedere un’astigiana gettare l’ombra del sospetto su questa candidatura anziché esserne orgogliosa dato il lavoro svolto dal volontariato durante il lockdown».