C’è già una nuova generazione di avvocati e avvocate che sgrana gli occhi quando si parla di “vecchio tribunale” perchè hanno cominciato la loro professione e si sono affermati in quello che oggi è il Palazzo di Giustizia di via Govone. Ma i “senior”, il vecchio se lo ricordano e si ricordano anche il complesso trasloco da piazza Catena.
Avvenuto esattamente 20 anni fa. Il 2025, infatti, segna l’importante anniversario dell’apertura del nuovo tribunale ricavato da metà dell’ex Casermone che dagli Anni Sessanta in poi aveva ospitato gli emigrati dal Sud Italia prima e dal resto del mondo poi.
C’è una persona che il Tribunale di Asti lo conosce in ogni suo angolo e ne conosce la storia fin dall’inizio. E’ il geometra Antonio Mazzola, 60 anni compiuti da poco, (nella foto di copertina) romano di origine, ma astigiano di adozione.
«A fine Anni Novanta ero dipendente della Alpina Myreder Gmbh Divisione Italia, una grande holding di costruzioni con sede a Salisburgo, Austria – racconta – Quando uscì il bando per la costruzione del tribunale di Asti, venni mandato qui a fare l’assistente di cantiere del direttore Mario Papa».
Per quello ha seguito il cantiere dall’inizio alla fine. E poi oltre. «Venni ad Asti per la prima volta nel novembre del 1997 e praticamente non me ne andai più. All’inizio facevo avanti e indietro da Roma, poi una breve parentesi di lavoro a Torino e infine, all’inaugurazione, accettai la proposta di incarico del Comune come responsabile della gestione e manutenzione del palazzo e anche la mia famiglia si trasferì qui».
I numeri
Il tribunale di Asti si sviluppa su 18 mila metri quadrati totali dei quali 13 mila interni e 5 mila esterni. Ci sono 52 uffici per ognuno dei 4 piani oltre alle 9 sale di udienze, archivi, autorimessa, unità di trattamento dell’aria, di riscaldamento, raffrescamento, cabina elettrica. Ogni giorno Mazzola deve risolvere i problemi tecnici di circa 200 fra magistrati e personale amministrativo oltre alla gestione dell’afflusso di centinaia di persone.
Le date
L’inizio cantiere venne dato il 7 gennaio del 1998 e il fine lavori il 20 dicembre 2003, alla vigilia di Natale. L’anno 2004 fu quello dei collaudi di tutto l’edificio mentre il 2005 venne impiegato per l’arredamento e gli allestimenti fino all’inaugurazione del dicembre. Nel 2010, ad un anno dalla sua improvvisa scomparsa, il Palazzo di Giustizia venne intitolato a Maurizio Laudi, Procuratore della Repubblica di Asti alla data della sua morte.
Da cosa si è partiti
«Il blocco da ristrutturare era nello stato in cui si trova adesso quello di fianco. Il tetto era sfondato in più punti, dalle finestre dell’ultimo piano spuntavano i rami degli alberi nati sul pavimento. Risanammo tutto – ricorda Mazzola – e scavammo ad una profondità di 9 metri sotto il livello di fondazione per assicurare la stabilità dell’edificio».
Proposta rifiutata
Fra i tanti ricordi di Mazzola ve ne è uno che interessa tutta la città.
«Poco dopo l’inizio dei lavori, la società per la quale lavoravo, durante un sopralluogo dei “capi”, accarezzò l’idea di ristrutturare anche l’altra metà di ex Casermone rimasta fuori dal bando e all’epoca occupato da extracomunitari. Fece una proposta di acquisto al Comune con l’intenzione di destinarlo ad uffici di varie metrature per avvocati. Fu anche fatto uno studio di massima per ricavarne 25 unità. Un progetto visionario, ancor più considerando che qualche anno dopo sarebbe stato accorpato il tribunale di Alba. Ma all’epoca l’amministrazione comunale rifiutò l’offerta».
E oggi è sotto gli occhi di tutti lo stato di degrado e pericolosità di quella porzione.
L’incompiuta
Il progettista, l’architetto Bo, oltre all’idea del corpo aule al piano -1 per non impattare sulla facciata, aveva anche progettato una tettoia “a vela” per ripararne l’ingresso in caso di pioggia, neve e sole cocente. Ma non sono mai state trovate le risorse economiche e resta una parte “incompiuta”.
La bottega dell’anforaio
Lo scavo profondo riservò non poche sorprese che vennero tutte documentate dagli inviati della Sovrintendenza delle Belle Arti costantemente presenti ai lavori.
Vicino alla chiesa sconsacrata che fa parte dell’area del tribunale, vennero rinvenuti numerosi scheletri del cimitero che circondava l’edificio sacro.
La sorpresa più bella, anche se comportò il fermo cantiere, fu la stratificazione storica.
«Scavando abbiamo trovato prima dei ruderi delle mura medievali della città e, più sotto, arrivammo allo strato di epoca romana con il rinvenimento di un lastricato e di alcuni pozzi che erano stati sigillati con capitelli che riportavano stemmi di nobili famiglie astigiane – ricorda Mazzola – Ma la più emozionante fu la scoperta della bottega di un anforaio di epoca romana e un’anfora miracolosamente ancora integra. Tutti questi reperti furono ritirati dalla Sovrintendenza che li espose per qualche mese a Torino salvo poi riporti nei suoi magazzini».
E oggi sarebbe un gran valore aggiunto poterli riavere indietro da esporre in una delle tante sale espositive della città di Asti oppure, meglio ancora, ricavando un piccolo spazio museale all’interno del Palazzo della Giustizia.