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Emergenza ungulati

Asti, impennata di cucciolate di cinghiali nella fascia “no caccia” voluta per monitorare la peste suina

E’ la cosiddetta zona Cev istituita da ottobre dal Commissario Straordinario in una fascia di 10 km a nord e sud dell’autostrada per Alba e della Torino-Piacenza.

Tanto sforzo e almeno quattro anni di intensa attività delle squadre di cacciatori cinghialisti insieme agli Ofs (operatori faunistici specializzati) e all’autodifesa dei contadini anche attraverso le gabbie per arrivare, almeno in alcune parti della provincia come il nord, a riportare la popolazione di ungulati selvatici a numeri sostenibili.
E ora tutto questo lavoro rischia di essere vanificato.
Perché, da circa tre mesi, in una vasta zona della nostra provincia, che rappresenta oltre il 30% del territorio astigiano, non è più possibile abbattere un solo cinghiale. Per ordine del commissario straordinario della peste suina, Giovanni Filippini, che ha istituito la cosiddetta Zona Cev, acronimo di “controllo espansione virale”.
Ad ottobre ha firmato l’ordinanza con la quale si istituiva una “fascia” di territorio di 10 km a nord e sud delle principali arterie di collegamento (per l’Astigiano è l’autostrada per Alba e la Torino-Piacenza) nella quale non si possono cacciare i cinghiali.
Le ragioni di tale decisione?
Secondo il (poco) spiegato alla sua emanazione, l’obiettivo sarebbe quello di monitorare cosa succede in una zona in cui i cinghiali non vengono disturbati da cacciatori e cani e dunque possono svolgere la loro routine quotidiana di approvvigionamento di cibo e di vita sociale e riproduttiva.
La zona Cev è stata istituita come “cuscinetto” fra i territori a ridosso delle zone rosse in cui sono stati rilevati casi di peste suina e quelle (ormai molto ristrette) attualmente indenni. In questa isola felice per i cinghiali, avrebbe dovuto essere condotto uno studio epidemiologico sulla diffusione del virus tramite la ricerca di carcasse infette da Psa. Ma, allo stato dei fatti, tale indagine è stata condotta solo in minima parte da un gruppo di soldati dell’esercito insufficiente rispetto al territorio da monitorare.
Il risultato, denunciato dai cacciatori e dalla stessa Atc (Azienda Territoriale Caccia) è che la zona Cev si è trasformata in una “nursery” di cinghiali, con altissimi tassi di riproduzione delle femmine che lì si sentono più al sicuro.
Residenti, agricoltori e cacciatori (che in quella zona possono continuare a cacciare qualunque specie tranne i cinghiali) parlano di avvistamenti di numerosi ed affollati branchi. E quasi tutti di giovani esemplari che, fra qualche settimana, con l’inizio delle semine, cominceranno a disperdersi alla ricerca di cibo.
Facendo presumibilmente di nuovo impennare il costo degli indennizzi agli agricoltori, il rischio per la viabilità e le proteste di chi, pur non essendo coltivatore, si ritroverà nuovamente i campi e gli orti devastati dagli ungulati.
Dall’Atc, per voce del suo presidente Antonello Murgia, arriva una proposta al Commissario: «Abbiamo almeno 700 iscritti pronti a rendersi disponibili nella ricerca delle carcasse di cinghiali nella vasta zona Cev. Se non ci fosse nessun caso positivo alla Psa, il Commissario firmi una deroga e permetta ai cacciatori di entrare e depopolare per limitare questa proliferazione già allarmante».

(In copertina un’immagine ripresa da una fototrappola ad infrarossi in un campo di Valmanera, fra le zone più popolate di cinghiali intorno ad Asti)

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