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Intervista

Asti, in aumento le malattie psichiatriche fra gli under 30

Parla il primario Filippo Gastaldi che lamenta un organico a metà per oltre 5 mila utenti.

Due linee rette che non solo non riescono ad incontrarsi, ma si allontanano sempre di più: la prima è quella che rappresenta l’aumento della richiesta di prestazioni psichiatriche, la seconda è quella dei medici specialisti in servizio in grado di dare risposte.
Ne parliamo con il dottor Filippo Gastaldi, primario della Psichiatria dell’ospedale di Asti.
Quale è la situazione dell’organico del suo reparto?
Sono previsti 13 medici e 2 responsabili mentre l’organico reale conta 6 medici e uno specialista ambulatoriale. Oltre a colleghi che lavorano nel centro di Salute Mentale di Nizza.
Per quanti utenti?
Noi serviamo un bacino di 195 mila abitanti con circa 5 mila utenti attivi, ovvero persone che hanno chiesto almeno una visita psichiatrica e, di questi, 2 mila sono in carico al nostro servizio con più visite e prestazioni. E sono tanti, sia rispetto al bacino di utenza, sia rispetto alla compagine medico sanitaria chiamata ad occuparsene.
Parliamo dei 5 mila utenti attivi. Che profilo hanno?
Sono in numero paritario fra uomini e donne e sono in aumento i giovani: 630 di loro hanno un’età compresa fra i 18 e i 30 anni. Anche se la fetta più grande di utenti rientra nella fascia 40-60 anni.
Come mai la patologia mentale insorge in età adulta?
In realtà la patologia è quasi sempre presente già da molti anni ma non è individuata, accettata e curata. Se da una parte è in aumento, come in tutta Italia, la richiesta di giovani che vivono esordi psicopatologici con l’insorgere di disturbi psichiatrici cosiddetti maggiori, arrivano anche da noi coloro che ci mettono molti anni per arrivare al primo accesso con un medico specialista.
Perchè?
Principalmente per lo stigma che ancora circonda la malattia mentale. Mentre nessuno si fa problemi nel farsi curare per il diabete, per un cancro, per problemi al cuore, tanto per fare gli esempi più comuni, la malattia mentale è ancora vissuta come una vergogna e una colpa della famiglia. Va detto, però, che c’è anche una fetta di ritardi nelle cure dovute alla difficoltà di accesso ai servizi.
E poi non sempre è così evidente il disturbo psichiatrico. C’è un modo per individuarlo ed avviare precocemente la persona alla cura specialistica?
Sì, ci sono sintomi spia come i grandi cambiamenti di routine, l’isolamento sociale, il licenziamento improvviso, la riduzione di interessi interni ed esterni alla famiglia, abbandono degli studi, comportamenti bizzarri e incongrui, non in linea con il funzionamento codificato della persona. In questi casi è importante rivolgersi ad uno specialista perchè oggi ci sono cure che consentono una buona qualità della vita in costanza di malattia mentale.
Terapie che non sono solo farmacologiche, vero?
Noi lavoriamo con una straordinaria équipe multidisciplinare che comprende psichiari, psicologci, infermieri, educatori, assistenti sociali.
In molti casi è proprio l’insieme di cure a portare il paziente ad un buon funzionamento: non solo farmaci, ma anche terapie psico-sociali e psico-educative cucite “su misura” per ogni caso di cui ci occupiamo.
Abbiamo parlato di utenti giovani e adulti. E gli anziani?
Le malattie mentali non si sviluppano da anziani. Ma è vero che andando avanti con l’età insorgono gravi decadimenti cognitivi che si incrociano con le demenze senili. In tanti casi interveniamo con soluzioni psicologiche che vanno a colmare quella carenza di socializzazione tipica dell’età. Sembra difficile da credere, ma spesso gli anziani sono contenti del ricovero qua da noi perchè basta il contatto con i medici, gli infermieri e gli altri pazienti per stare subito meglio.
Quali altre patologie occupano le vostre giornate di cura?
In aumento i disturbi alimentari che vedono ancora una prevalenza di utenza femminile anche se si sta progressivamente allineando con quella maschile. Abbiamo sempre più casi con un abbassamento dell’età di insorgenza che ha toccato i 12 anni. E sono patologie psichiatriche che possono ancora oggi portare alla morte.
Negli ultimi anni avete aumentato anche l’accesso di utenti stranieri?
Sì, anche grazie ai protocolli firmati dall’Asl, ci occupiamo di richiedenti asilo che manifestano patologie psichiatriche.
Sono persone che hanno vissuti terribili che deflagrano con il disadattamento in terra straniera. La barriera linguistica, culturale, la precarietà abitativa, la loro paura quando si evoca la malattia mentale (vendono da Paesi dove i manicomi, quelli invivibili, esistono ancora) rendono tutto più difficile.

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