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Asti, in preda a dolori continui perchè mancano le dosi di cannabis terapeutica in ospedale

In cura da anni, negli ultimi sei mesi non sono arrivate le forniture. E una malata di “malformazione di Chiari” è ostaggio di un dolore senza tregua

Pensate di avere un dolore lancinante e continuo alla base del capo, tanto da non potervi muovere e da dovervi fare accudire come un bambino. E pensate che un farmaco per farvi passare quel male esiste ma non si trova, o meglio, si fa attendere anche 40-50 giorni.
E’ quanto sta passando un’astigiana che vive in un paese della provincia ed è letteralmente disperata perchè è ostaggio del suo dolore.
Alla donna è stata diagnosticata la “malformazione di Chiari”, malattia del sistema nervoso, presente alla nascita, che interessa il cervelletto, il tronco encefalico e la parte posteriore della scatola cranica. È caratterizzata dallo “scivolamento” di parti del cervelletto (oltre che di parti del tronco encefalico) attraverso il foro che si trova tra il cranio e il canale spinale. Una malattia che provoca fortissimi dolori alla testa, vomito, nausea, vertigini.
«Sono in cura in un ospedale specializzato del Torinese – racconta la donna che preferisce mantenere l’anonimato – dove da tempo mi è stata prescritta la cannabis terapeutica per il controllo del dolore neurologico. Ne faccio un uso quotidiano: tre dosi di foglie essiccate e tritate in forma di decotto e ho trovato grandi benefici».
Sostanzialmente, la cannabis va a coprire quel “buco” di dolore che i farmaci tradizionali non riescono a controllare e a sedare. Senza effetti collaterali.
Ovviamente la terapia è completamente tracciata: ogni mese il medico curante chiede tramite impegnativa la visita specialistica nell’ospedale torinese dove lo specialista firma la terapia antalgica a base di cannabis terapeutica. Con questa “ricetta”, la donna si presenta alla farmacia ospedaliera del Cardinal Massaia che, sempre una volta al mese, le consegna le dosi prescritte.
Dosi sotto “stretta sorveglianza” che vengono preparate in un laboratorio di Firenze e consegnate dall’esercito, sotto scorta.
Una prassi ormai consolidata che teneva conto di tutti i tempi di visita e prenotazione in modo da non lasciare mai la paziente senza dosi.
«E’ andato sempre tutto bene fino a 4-5 mesi fa – racconta la donna – Da allora, infatti, la farmacia ospedaliera non riesce più a garantire le consegne e quando capita lo fanno con ritardi anche di 40 giorni.
«Per me è iniziato un incubo, questo ritardo mi condanna ad un dolore forte e continuo, 24 ore su 24. Non riesco a dormire, non riesco ad alzarmi dal letto perchè le vertigini sono così forti da farmi cadere e non riesco ad essere autonoma neppure nelle più banali operazioni di igiene personale. Passo tutto il giorno coricata con il male».
Non c’è altro modo per ottenere la cannabis e neppure può chiederla ad altre farmacie ospedalieri piemontesi, perchè il regolamento prevede che ci si possa rifornire solo da quella di riferimento in base alla residenza.
«So che la farmacia ospedaliera non ha responsabilità in queste mancate forniture, ma qualcuno deve risolvere questo problema, altrimenti condannano me e altri a un dolore insopportabile».

La replica dell’Asl: “Stiamo cercando altri fornitori”

 

«L’Asl AT – spiega la Direzione Strategica Aziendale – consapevole del disagio descritto, precisa ed evidenzia come le forniture della cannabis terapeutica dipendano, a livello nazionale, dall’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze che, purtroppo, negli ultimi mesi ha registrato una produzione sensibilmente inferiore alle richieste che provengono da tutti gli ospedali italiani. La Farmacia Ospedaliera Asl AT ha prontamente inoltrato ed aggiornato le richieste sulla base dei fabbisogni dei nostri pazienti ad inizio 2021, dopo che gli ordinativi degli ultimi mesi 2020, di fatto, non avevano potuto essere soddisfatti. Tuttavia, in considerazione dei possibili ulteriori ritardi indipendenti da una diretta responsabilità da parte delle nostre Strutture, sono state attivate le procedure per la fornitura di terapie alternative che possano garantire a tutti gli assistiti una continuità della cura senza ulteriori disagi. L’ulteriore attesa, dunque, dipenderà a questo punto dalle operazioni di gara previste dalla legge».

Il dolore contagia anche la famiglia

 

«Non solo i pazienti costretti dal dolore, ad assumere la sostanza per alleviarlo ne soffrono della mancanza, ma anche i familiari più prossimi». A parlare è la persona che vive con la paziente che ha denunciato le mancate forniture di cannabis terapeutica.
«Mutano le abitudini, il morale, ma le aspettative no: queste, vengono illuse quotidianamente. Salta il rapporto: il paziente soffre due volte. Una perché il dolore non gli dà tregua, l’altra perché, chi gli stava a fianco, si allontana. Si susseguono notti insonni, violentate dal dolore cronico. E poi, giorni trascorsi sul divano, o peggio, a letto. Speriamo che, raccontando la nostra situazione, chi è responsabile di queste consegne risolva il problema».

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