Siamo a metà settembre e la siccità che ha devastato l’estate appena passata sembra non demordere lasciandosi dietro una scia di disastri agricoli ed ambientali.
Fra le “vittime” eccellenti anche le oasi e le zone umide protette a ridosso della città di Asti che hanno sempre rappresentato degli scrigni di biodiversità, soprattutto avifaunistica. Parliamo dell’Oasi WWF della Bula (al fondo di corso Savona), dello stagno dell’Isolone alle spalle di Cascina Sardegna e dello stagno di Belangero, ai piedi di San Marzanotto, appena al di là della tangenziale per Alba.
Basta un breve giro con Carlo Nebbia, professore universitario di tossicologia veterinaria con la grande passione per l’ornitologia, per rendersi conto di come la mancanza di pioggia abbia cambiato faccia a quelle che fino alla scorsa primavera erano zone sicure in cui uccelli di svariate specie potevano vivere, nidificare o anche solo fare sosta in santa pace.
Partiamo dalla Bula. Una zona umida frutto di un lungo lavoro di bonifica di una cava lungo il Tanaro cui hanno lavorato ingegneri, architetti, naturalisti e dottori forestali per recuperare oltre 20 ettari trasformati dal 1990 ad oggi, in un’Oasi protetta dal WWF ed ora gestita dall’Ente Parchi Astigiani.
Molto lungo l’elenco degli uccelli che l’hanno scelta come luogo per riprodursi: nella garzaia nidificano cormorani, nitticore, garzette, aironi cenerini, aironi guardabuoi e eccezionalmente l’airone rosso. Inoltre, anatre quali il germano reale ed il raro fistione turco oltre al tuffetto, lo svasso maggiore, il martin pescatore ed ed il Cavaliere d’Italia. Fra le specie di passo rapaci come falco di palude, nibbio bruno, astore, sparviere, varie anatre, l’airone bianco maggiore e, nel 2020, il raro marangone minore.
Oggi la Bula è silenziosa e desolata. Le specie acquatiche sono scomparse, perché di acqua ne è rimasta pochissima, poco più di una pozza. Così poca che neppure gli uccelli limicoli (prediligono vaste aree paludose con terra affiorante dallo specchio d’acqua) si sono fermati, perché non vi è sufficiente cibo. Anche i numerosi giovani nati nella garzaia hanno dovuto abbandonare la Bula per alimentarsi; molti si possono osservare intorno alla diga della centrale idroelettrica sul Tanaro, dove, a causa del livello basso di acqua e di mancanza di correnti forti a causa della siccità, hanno ritrovato un habitat simile a quello dello stagno. Il Fistione turco si è addirittura riprodotto sul Tanaro abbandonando gli stagni tradizionali: sono state documentate tre covate con 13 pulcini. Completamente prosciugato lo stagno dietro a Cascina Sardegna, una delle zone umide più ricche di biodiversità dell’Astigiano (oltre 140 specie censite), ideale sosta di migratori anche rari. Non è rimasto più nulla di zona umida, solo erbacce nella conca che conteneva acqua e, ovviamente, sono spariti tutti i suoi abitanti con le ali.
Va un po’ meglio allo stagno di Belangero che ha visto ridurre la superficie della sua estensione di due terzi ma l’acqua che è rimasta è sufficiente per mantenere la vita intorno. E’ diventato l’habitat dell’airone bianco maggiore e di molti “ex abitanti” della Bula; proprio durante il nostro sopralluogo con il professor Nebbia, sono state avvistate due rarissime cicogne nere.
Ma perché è così grave il prosciugamento di queste zone umide protette?
«L’acqua è vita, per tutti gli organismi viventi – risponde il professor Nebbia mentre nel suo tono di voce si legge tutta l’apprensione per i cambiamenti registrati in pochi mesi – Se si perdono queste oasi si perde una fetta di straordinaria biodiversità per le specie stanziali e un luogo sicuro di sosta per le specie migratorie. Non posso neppure immaginare che si cancelli tutto con un colpo di spugna. Eppure, se da qui a primavera non ci saranno precipitazioni significative, questo è lo scenario più probabile».
Nella photogallery che segue, alcune foto (autori Carlo Nebbia e Daniela Peira) che raffigurano il “prima” e il “dopo” siccità all’Oasi della Bula, allo stagno di Cascina Sardegna e a quello di Belangero. Con i nuovi “abitanti” della diga sul Tanaro e l’avvistamento eccezionale della cicogna nera a Belangero.