Un appello che ha riacceso le luci su un fatto di 53 anni fa e che oggi avrà una ribalta nazionale.
Parliamo di quello lanciato sul nostro giornale da Silvia, oggi una donna adulta, che il 15 novembre del 1967 venne abbandonata in una scatola di cartone nel confessionale dell’allora cappella interna dell’oratorio San Giovanni Bosco di Asti.
Un fatto del quale i giornali dell’epoca si occuparono in modo approfondito, perché non era così comune il ritrovamento di una neonata.
La storia di Silvia, il suo appello e le immagini che sabato scorso sono state girate ad Asti saranno trasmesse dalla trasmissione Chi l’ha Visto in una delle puntate delle prossime settimane.
Una ribalta nazionale seguitissima per provare a toccare le corde della madre biologica di Silvia o di qualcuno della sua famiglia o ancora del suo entourage che conosca i motivi di quel gesto sofferto.
E, come ha avuto modo di dire la donna, a sua volta madre, al nostro giornale nel suo primo appello, nessuno vuole giudicare quel gesto né rivendicare alcunchè: Silvia vuole semplicemente ricostruire quel pezzo iniziale della sua vita che oggi le manca e le dà un senso di incompiutezza.
La giornalista Francesca Carli, fra sabato e domenica ha intervistato diverse persone e la sua troupe ha fatto numerose riprese tv per ricostruire tutta la storia di Silvia.
La neonata venne abbandonata nel confessionale e il suo ritrovamento su annunciato da un uomo attraverso una telefonata al parroco di allora, don Mario Massaro.
La piccola era in buona salute, vestita con abitini usati e venne subito portata in Maternità dove medici, infermiere ed ostetriche si occuparono di lei fino all’adozione.
Il suo nome, Silvia, è un omaggio alle due ostetriche che la circondarono di affetto nelle prime settimane di vita.
Venne adottata da una coppia senza figli di Acqui Terme che poi si trasferì in più occasioni per ragioni di lavoro. Oggi lei vive di nuovo in Piemonte, a Pinerolo.
Silvia non seppe di essere stata adottata fino all’età di 20 anni, quando, in vista del matrimonio, fece la ricerca dei documenti di nascita e battesimo necessari per la cerimonia religiosa. Solo allora scoprì l’abbandono e l’unica traccia fu quel ritaglio di giornale sul suo ritrovamento conservato dalla madre adottiva.
Fino a quando i suoi genitori furono in vita, lei non volle cercare la madre biologica, per paura di offenderli, visto che la amarono molto e lei ricambiò affetto e cura fino alla loro morte. Ma oggi loro non ci sono più e Silvia vorrebbe sapere chi l’ha messa al mondo e perché è stata abbandonata.
Riprese anche alla Nuova Provincia e l’incontro con Vincenzina
La troupe di Chi l’ha Visto ha fatto riprese anche nella redazione de La Nuova Provincia, visto che è stato il nostro giornale a rilanciare l’appello di Silvia. E, soprattutto, è stato proprio leggendo La Nuova Provincia che Silvia ha ritrovato una persona importantissima nei suoi primi giorni di vita di cui lei non conosceva l’esistenza.
E’ la signora Vincenzina, 91 anni, all’epoca merciaia di via Conte Verde cui il parroco si rivolse pochi minuti dopo aver ritrovato la piccola nel confessionale. Fu lei a procurarle i primi abitini per vestirla di tutto punto e fin da subito si affezionò a quella bimba. Lei, che di figli piccoli ne aveva già due, ha subito nutrito l’affetto incondizionato che una neonata indifesa suscita in una giovane madre. Lei e il marito Luigi furono la madrina e il padrino del battesimo di Silvia avvenuto la domenica dopo il ritrovamento e insieme al parroco, al pediatra e all’ostetrica fecero anche un po’ di festa come si conviene ad un evento lieto come la nascita.
Vincenzina, leggendo l’appello di Silvia sul nostro giornale si è fatta avanti e ci ha raccontato che da quel novembre del 1967 lei non ha mai dimenticato quella neonata e tantissime volte si è chiesta se avesse avuto una bella vita e se fosse stata amata. Un’affettuosa preoccupazione lunga 53 anni che il destino ha avuto cura di dissipare in un incontro avvenuto a metà ottobre fra Silvia e Vincenzina. Quest’ultima le ha confidato che lei e il marito avrebbero voluto adottarla, ma non fu possibile perché era già partito l’iter giudiziario per l’affidamento a quelli che sarebbero poi stati i genitori di fatto della piccola.
«Andavamo ogni sabato a trovarti in Maternità, portavo biancheria e vestitini per te e ho anche chiesto di poterti tenere un po’ con noi, ma non ci fu concesso per paura che ci affezionassimo troppo a te» ha confidato Vincenzina a Silvia nel loro incontro. Che si è concluso con uno scambio di doni commovente: l’anziana merciaia ha regalato alla donna che cerca sua madre una coppia di pregiati asciugamani di lino con incise le iniziali sue e del marito già mancato. Un regalo che ha il sapore d’altri tempi, quando le madri si preoccupavano di fare il corredo alle figlie. Un regalo che sa di buono e di amore nel ricordo della tenerezza riservata a quella neonata.
Chi ha aiutato la donna a partorire?
Fra coloro che si stanno occupando della storia di Silvia vi è anche l’Associazione Penelope che si occupa prevalentemente di persone scomparse ma che ha ritenuto come anche la ricerca di una madre naturale sia meritevole di attenzione.
Fabrizio Pace, psicoterapeuta e criminologo astigiano, vice presidente di Penelope Piemonte, è stato fra le persone intervistate dall’inviata di Chi l’ha Visto.
«L’appello non va diretto solo alla madre biologica, se ancora in vita, ma anche al padre, alla famiglia, a qualche amica o collega che sapeva della gravidanza. Non è facile nascondere una maternità per nove mesi. E poi, non trattandosi di una nascita in ospedale, è impensabile che la madre naturale che ha dato alla luce Silvia abbia fatto tutto da sola, sicuramente vi è stata un’ostetrica o una levatrice che ha condotto il parto. E’ impossibile che nessuno ne sappia nulla. Potrebbe anche essere stata una donna che ha portato avanti la gravidanza alla luce del sole ma che ha poi affermato di aver perso il bambino alla nascita perché, per qualche ragione, non poteva occuparsene». Fabrizio Pace, forte anche delle sue competenze professionale, non crede all’abbandono della neonata, piuttosto ad un gesto di cura e di affetto perché è stata lasciata in un luogo sicuro, una chiesa, simbolo di accoglienza e di aiuto. La piccola poi era in buona salute, era vestita e riparata da una copertina e chi l’ha lasciata si è premurato di telefonare per consentirne il ritrovamento immediato.
«Silvia, oggi, è una donna adulta con il diritto di conoscere i motivi del suo abbandono. Per questo è importante che chi conosce qualcosa di questa vicenda si faccia avanti».
Anche in forma anonima, se è il caso.
Daniela Peira