Continua il dibattito sull’esito delle elezioni comunali per quanto riguarda la rappresentanza delle donne in seno all’istituzione comunale. La nuova giunta comunale vede quattro donne, tra cui il vicesindaco, e cinque uomini; il Consiglio, che questa sera si riunirà per la prima volta, è composto da ventisette uomini e cinque donne, l’85% contro il 15% (questo emerge dalle preferenze dei seggi, ma con le surroghe si passa a 23 uomini e 8 donne ndr). Se nel primo caso si può lodare l’equilibrio di genere raggiunto, nel secondo, invece, si può arrivare a parlare di un vero e proprio «strabismo di genere, che comporterà inevitabilmente una minore completezza, uno sguardo più ristretto e meno inclusivo, con rischio di minor considerazione per le problematiche vissute dalle cittadine astigiane». A dirlo è il Coordinamento Donne CGIL di Asti che, aprendo un dibattito sull’argomento, si domanda «se non si possa addirittura parlare di un sostanziale vulnus al concetto stesso di democrazia rappresentativa, quando uno dei due generi è così violentemente sotto-rappresentato e l’altro così sovraesposto».
Tale carenza può essere considerata la diretta conseguenza del voto legittimamente espresso: le donne sono state poco votate da elettori ed elettrici. «L’elettorato ovviamente ha sempre ragione – sottolineano dal Coordinamento – ma ci permettiamo di osservare che, quando seleziona la sua classe politica, si mostra più arretrato di quello che la realtà comporta». Per lo stesso motivo ad Asti non è mai stata eletta una donna come sindaco e nessuna di loro si trovava tra le candidature che avevano una qualche concreta possibilità di riuscita neanche nell’ultima tornata elettorale.
«Le regole di alternanza nelle preferenze si sono sicuramente dimostrate carenti nel raggiungimento dell’obiettivo che si prefiggevano, per cui è conveniente studiarne di migliori» aggiungono dalla CGIL.
«Si può soprattutto agire sulla cultura diffusa, a partire dalla cultura delle formazioni politiche, partiti o liste civiche o liste dei Sindaci che dir si voglia, che hanno messo – per obbligo – le donne nelle liste ma su di esse non hanno investito» suggerisce Donne CGIL.
Alcuni sistemi elettorali comportano candidati praticamente nominati dai partiti, mentre in quello vigente nei comuni il sindaco e i consiglieri vengono eletti con libere preferenze. Quest’ultimo metodo potrebbe risultare positivo, se non fosse per la guerra che si scatena ogni volta per le preferenze. In questo modo le donne risultano penalizzate: è necessario infatti sapersi pubblicizzare, proporre se stessi come si farebbe con un prodotto in commercio, cercare di disporre di ampie reti di collettori di voti, più ancora che possedere merito, competenza, capacità di lavoro e attitudine a risolvere problemi. E spesso le donne non se la sentono di prendere parte a quello che Donne CGIL Asti ha definito un «gioco sempre più autoreferenziale».
Da ciò deriva il fatto che anche gli incarichi di giunta e annessi «siano condizionati dalle preferenze, dall’indice di gradimento riscontrato nelle urne, persino per argomenti a forte contenuto tecnico».
«E poi si piange perché la politica diventa sempre più lontana dai cittadini e dalle cittadine, e ci si preoccupa per il calo vertiginoso della partecipazione alle tornate elettorali – conclude Donne CGIL Asti – Invece di pianti servirebbe una bella scossa di interesse genuino per il bene comune e di volontà di rendere tutti e tutte partecipi. Alle donne diciamo: se le regole di questo gioco sono sbagliate, impegniamoci per cambiarle. È un gioco serio, l’amministrazione di un Comune o di una Regione o di uno Stato condiziona la nostra vita, è affar nostro, di uomini e donne».
[foto Billi]