E’ un fenomeno che riguarda tutti gli ospedali di Asti e che ad Asti ha registrato, nello scorso anno, 14 casi. Parliamo delle aggressioni ad operatori sanitari durante il loro turno di servizio in corsia o negli ambulatori. E, ancora una volta, sono le donne ad avere il non invidiabile primato: di queste 14 aggressioni, 13 sono state rivolte ad infermiere, Oss, medici donna mentre uno solo il caso verso un uomo.
«Le aggressioni sono tornate ad aumentare dopo il biennio 2020-2021 – ha detto Roberta Bertone delle Rsu dell’Asl di Asti a nome degl operatori sanitari aderenti a tutte le sigle sindacali – periodo in cui l’accesso era stato frotemente limitato a causa dell’emergenza Covid.
Quello che ferisce di più – prosegue – è il fatto che, nel maggior numero dei casi, ad aggredirci sono proprio coloro che vengono a chiederci aiuto, ovvero pazienti o parenti di pazienti. Le minace e le aggressioni non migliorano di certo il processo di cura, non limitano i tempi di attesa ma rendono soltanto difficile il nostro lavoro».
Una situazione portata spesso all’attenzione della direzione sanitaria che proprio oggi ha annunciato alcuni interventi che dovrebbero limitare il rischio di aggressione. Soprattutto in Pronto Soccorso che è la “prima linea” dove si consuma il maggior numero di scontri verbali e fisici con il personale in servizio.
«Stiamo definendo il raddoppio della presenza della guardia di vigilanza privata durante le ore notturne – ha detto il direttore generale dell’Asl Francesco Arena – E questo consentirà sia un più agile servizio dei controlli dentro la struttura che una maggiore serenità di intervento in caso di aggressione. Non nego che speriamo anche che la presenza di più persone in divisa faccia da deterrente a chi vuole creare disagi nel reparto in cui è invece importantissimo poter lavorare con calma e tranquillità».
Sempre l’Asl ha incaricato il responsabile tecnico ingegner Paolo De Giovanni di studiare delle modifiche strutturali che rendano più difficile l’accesso del Pronto Soccorso a chi non ha titolo di starci dentro.
«Attualmente le porte post accettazione sono ad apertura manuale e non garantiscono dunque uno standard alto di sicurezza – ha spiegato l’ingegnere De Giovanni – presto avremo le porte a chiusura automatica con sblocco dall’interno. Sia per quanto riguarda gli accessi dalla sala d’attesa del Pronto Soccorso, sia per quelli che si affacciano sul lato interno del reparto. E questo servirà per contingentare gli accompagnatori dei pazienti».
A queste soluzioni predisposte dall’Asl si aggiunge l’impegno di Questura e Carabinieri di intensificare i passaggi delle auto di pattuglia, soprattutto durante le ore notturne.
Un’analisi più ampia è arrivata dal Prefetto, Claudio Ventrice: «In Italia ci stiamo confrontando con il mancato turn over dei dipendenti pubblici che ha provocato organici ridotti in tutti i settori. E a seguito di questo le forze dell’ordine, da sole, non riescono più a far fronte a tutte le richieste di maggiore sicurezza. «Per questo c’è bisogno di una “sicurezza partecipata” e l’impegno dell’Asl ne è un esempio» ha detto.
Il questore Marina Di Donato, oltre a confermare l’impegno insieme ai carabinieri di maggiori passaggi delle pattuglie, ha anche annunciato che, sempre facendo i conti con il personale disponibile, sta lavorando per incrementare la presenza della Polizia di Stato anche nel Posto di Polizia ospedaliero.
Sul fronte squisitamente medico, il dottor Claudio Lucia, presidente dell’Ordine dei Medici di Asti, plaude al piano di sicurezza perchè lo ritiene un incentivo per aumentare il numero di specializzandi che scelgano la Medica di urgenza ed emergenza. «Oggi uno degli ostacoli a questa scelta è proprio l’alto rischio di aggressioni durante il turno».
A tutte queste iniziative se ne aggiunge ancora una, che tende a “spegnere” i conflitti sul nascere: è la prossima presenza dei volontari nella sala d’attesa del Pronto Soccorso. Stanno frequentndo il corso di formazione e quando inizieranno i loro turni avranno fra i compiti anche quello di tenere compagnia e seguire i parenti, gli accompagnatori e i pazienti in codici lievi durante l’attesa.