Mentre il mondo politico si interroga e muove i suoi passi dopo la notizia dell’esposto dell’ex assessore Bovino al sindaco e presidente della Provincia Rasero su forti pressioni al suo gruppo di consiglieri di maggioranza in consiglio per convergere le preferenze sul sindaco di Nizza, Simone Nosenzo, emerge qualche altro particolare della denuncia presentata a settembre in Procura ad Asti.
Come noto, le “pressioni” di cui si parla si riferiscono al fatto che, secondo quanto raccontato da un consigliere di maggioranza (anzi consigliera, visto che si tratta di Francesca Varca) durante un incontro in vista delle elezioni del 2022, il sindaco Rasero non solo avrebbe chiesto ai suoi di votare per Nosenzo (che si è dichiarato del tutto ignaro di quanto successo e non è mai stato indagato né coinvolto nelle indagini), ma avrebbe distribuito a loro dei biglietti in cui il nome del candidato era scritto in tanti modi diversi quanti erano i consiglieri. Una modalità che consente così di riconoscere, per ogni scheda, chi l’ha compilata e presuppone un successivo controllo puntuale su chi ha seguito “l’invito” di Rasero e chi no.
Varca ne ha parlato a giugno con Bovino, durante una conversazione a margine di un incontro di maggioranza e l’allora assessore aveva registrato di nascosto la conversazione; quell’audio è entrato fra gli allegati dell’esposto che sarebbe stato presentato qualche settimana dopo e il contenuto è già stato confermato dalla consigliera anche di fronte al pm che ha svolto le prime indagini.
Dunque, già in questa fase iniziale della vicenda, la distribuzione dei bigliettini con i segni di riconoscimento su chi votare non viene messa in dubbio ed è la stessa Procura, nella richiesta di archiviazione del caso, a parlare di un fatto che, seppur appurato, non costituisce reato.
Una lettura che viene spiegata dallo stesso Procuratore della Repubblica, Biagio Mazzeo: «La norma elettorale cui fa riferimento chi ha firmato l’esposto, è riferibile ai singoli cittadini, per tutelare la loro piena libertà di voto di fronte a quella che può essere una pressione da parte di autorità politiche ed amministrative. Il caso cui si riferisce l’esposto, invece, è quello di votazioni di secondo grado, quelle in cui a votare non sono i singoli cittadini ma sindaci e consiglieri comunali che, a vedere della Procura, hanno una capacità decisionale più forte e consapevole».
Dunque un accordo politico e non un atto di prepotenza o di imposizione.
«E’ evidente che questa Procura afferma che la libertà di voto va rispettata sempre e comunque ma non si deve criminalizzare ciò che riteniamo un comportamento eticamente discutibile e criticabile».
Il caso
- Riccardo Santagati