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Gino Damiani
Attualità
Vittime delle ideologie

Asti, storia di Gino, 81 anni, esule istriano e un codice fiscale che nessuno riconosce

«Non posso intestarmi un’utenza, non posso fare un finanziamento, non posso iscrivere mio figlio a scuola. Sono un italiano straniero in Italia».

Fra il pubblico che ha seguito venerdì scorso gli interventi degli storici dottor Imerito e professor Marco Cuzzi sul Giorno del ricordo organizzato dal Prefetto di Asti Claudio Ventrice,  anche un uomo da tempo astigiano: Gino Damiani, a Montafia da molto tempo insieme alla sua famiglia.
Lui, alla soglia dei suoi 81 anni, continua ogni giorno a lottare contro quell’emarginazione sempre patita dagli esuli istriani in Italia.
«Sono nato nel 1944 a Dignano d’Istria, all’epoca provincia di Pola – racconta – Da una famiglia che lì viveva dal 1500. Mio padre era un commerciante e avevamo decisamente una bella vita prima della guerra. Resistemmo fino al 1946, poi la strage provocata dalla bomba sulla spiaggia di Vergarola, a poca distanza da casa nostra, ha spinto i miei genitori ad andare via. Per noi e per tutti gli italiani che erano rimasti, la paura era ormai troppa».
Così la famiglia Damiani composta da padre, madre e tre figli, fra i quali Gino, ha lasciato tutto a Dignano e con i soli vestiti in valigia si è diretta prima a Trieste dove è stata accolta da parenti il tempo necessario per organizzare il viaggio a Torino. Qui vissero alle “casermette di San Paolo” per 5 anni poi, grazie al lavoro di operaio alla Fiat del padre, si spostarono in un appartamento. Da ragazzo, Gino lavorò anche lui per la Fiat e poi divenne un responsabile commerciale di zona della Telecom.
Ma le sue radici istriane non sono solo un profondo ricordo personale. Purtroppo sono anche un disagio burocratico che si porta avanti da tutta la vita.
«Ad oggi ho cambiato quattro codici fiscali e quello che ho ora non è ancora quello giusto – dice – O almeno, giusto per poter essere considerato un italiano a tutti gli effetti». La cosa incredibile è che, non esistendo più la provincia di Pola e, soprattutto, non essendo più italiana dal 1947, la burocrazia italiana non riesce a far riconoscere l’ultima parte del codice fiscale che si riferisce al luogo di nascita.
«Ogni tanto l’Agenzia delle Entrate mi manda un nuovo codice. Adesso finisce con D301K ma non è riconosciuto come valido».
In che senso?
«I sistemi informatici non lo “leggono” quindi non posso fare finanziamenti, neppure minimi; non posso intestarmi un contratto di una qualsiasi utenza di casa; non ho potuto iscrivere mio figlio al liceo e lo ha potuto fare solo mia moglie; devo rinnovare fra poco la patente di guida e so già che sarà un calvario come le altre volte perché devo spiegare sempre a tutti la mia storia, il mio luogo di nascita, il perché di questo codice fiscale “strano”».
Gino Damiani gira costantemente con una copia della Gazzetta Ufficiale del 2012 in tasca, dove è pubblicata una circolare che chiarisce il perché di quel codice fiscale. Ma in un’era dove ogni operazione è digitalizzata, i computer lo rifiutano e bloccano tutto.
«Anche per diventare dirigente della società di calcio in cui gioca mio figlio ho dovuto andare in Questura per spiegare la mia situazione. E lì è stato riconosciuto».
Senza contare l’umiliazione. «Sa quante volte mi sono sentito dire dietro “Ma quello non è neanche italiano”? – ammette amaramente Gino – Una intera vita di italiano vissuta da straniero in Italia».

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