Contabilità imprecisa
Numeri precisi non ce ne sono. O meglio, ci sono ma non vengono resi pubblici, così riuscire a tenere la contabilità dei contagiati nelle case di riposo della provincia di Asti è impresa da investigatori privati. Ed è comunque impossibile, perchè non si può far altro che mettere insieme i dati di qualche direttore o presidente disposto a pubblicare questo numero con quelli dei sindaci incrociandoli con quelli dei sindacati che rappresentano i lavoratori all’interno. La Regione, che ha accentrato nella sua Unità di Crisi tutto il flusso di positivi, contagi e decessi per Covid 19, a ieri non aveva ancora messo a disposizione i dati.
Luoghi perfetti per il contagio
Ma anche senza i numeri precisi, si capisce che in questo momento è dentro le case di riposo che si sta consumando la pandemia. Luoghi ad alta frequentazione, con personale che entra ed esce ad ogni cambio turno e ospiti anziani colpiti da più patologie: la formula perfetta per il contagio.
I casi più gravi
Dal 100% di Oss contagiati alla casa di riposo di Cinaglio al 99% di ospiti contagiati a Grana e Govone (su territorio già cuneese ma con tanti ospiti astigiani) passando per Montechiaro (nella foto) che ha già contato 7 decessi di positivi per arrivare a quella di Portacomaro, la prima in cui è scoppiata l’epidemia e a Rocchetta Tanaro, altra “sorvegliata speciale” con un alto tasso di contagi e decessi. Tanti i casi nella casa di riposo di Antignano e grave la situazione a Moncalvo. Gli ultimi casi positivi arrivano dalle strutture di Ferrere, Albugnano, Tonco e anche da quella più grande della provincia e seconda in Piemonte: il Città di Asti che, a ieri, contava 5 contagiati e aspettava il resconto dei tamponi degli altri 35 ospiti dello stesso reparti messi preventivamente in quarantena.
Personale che non torna più a casa
Situazione, quelle nelle case di riposo, che vedono un numero crescente di personale sanitario non tornare più a casa propria, per paura di contagiare i famigliari conviventi. Così, come a Rocchetta Tanaro, da tre settimane alcuni operatori non lasciano la casa di riposo: giorno e notte sempre là.
Altri aspetti di questa situazione surreale sono suggeriti dai sindacati.
Non è stato fatto il tampone a tutti
La Cisl Fp, ad esempio, attraverso il segretario provinciale Alessandro Delfino, chiede un eguale trattamento fra gli Oss cui è stato fatto il tampone e, risultato positivo, è stato riconosciuto l’infortunio sul lavoro rispetto a quelli che invece stanno facendo la malattia a casa ma, senza tampone, sono semplicemente in mutua.
Già, perchè nonostante la promessa dei tamponi “a tappeto” in tutte le case di riposo fatta dalla Regione due settimane fa, ad oggi sono ancora tantissime le strutture dove nessuno si è presentato a fare i prelievi. Nè agli anziani ospiti, nè al personale.
Incontro giovedì
E questo sarà uno dei temi principali che la Cgil porterà all’incontro in Prefettura fissato per giovedì con l’Asl e i rappresentanti di Confcooperative e delle proprietà delle case di riposo insistenti sul territorio astigiano.
«Tre, ad oggi, sono le questioni prioritarie – spiega Luca Quagliotti, segretario generale Cgil di Asti – La prima è che bisogna estendere i tamponi a tutte le case di riposo, sia al personale che agli ospiti. E poi bisogna fare i conti con la scarsità di personale. Un po’ perchè sono malati di Covid conclamati, un po’ perchè sono in quarantena avendo lavorato a fianco di colleghi o pazienti contagiati e infine a causa del massiccio reclutamento fatto dagli ospedali, compreso quello di Asti.
Scarseggiano gli Oss
Un’operazione, quest’ultima, che seppur comprensibile sta prosciugando le liste di operatori sanitari disponibili per le strutture sul territorio..
Così – prosegue Quagliotti – ci troviamo di fronte a lavoratori che stanno facendo doppi o tripli turni, qualcuno che non va più a casa dalla casa di riposo e, oltre agli Oss, non si trovano più infermieri».
E se vi sembrano già drammatici questi problemi, se ne aggiunge un altro.
Pochi anche i presidi di protezione
Sempre Quagliotti: «Oltre al personale ora cominciano a mancare anche i presidi di sicurezza individuale.
E non parliamo solo di mascherine, ma riteniamo che sarebbe importante che il personale sanitario delle case di riposo potesse lavorare con le stesse protezioni degli ospedali: tute, maschere, camici monouso. Questo ridurrebbe molto il rischio di portare fuori e dentro le strutture abiti che potenzialmente possono essere vettori di contagio».
Rischio sottovalutato?
Con una critica generalizzata sucome la Regione Piemonte ha gestito il “capitolo case di riposo”, ritenendo che abbia ampiamente sottovalutato il rischio di diffusione del virus in queste particolari comunità abitate da persone fragili.
«Serve un cronoprogramma preciso per un monitoraggio preventivo dei casi – è la richiesta che fa Francesca Delaude, sempre Cgil – Sono tantissime le richieste che riceviamo ogni giorno dai nostri iscritti che non sanno più come comportarsi per salvaguardare la loro salute, quella delle loro famiglie e degli anziani che accudiscono».