Esiste un modello sostenibile di agricoltura mondiale che passa dalla cooperazione internazionale. Ne sono profondamente convinti i fondatori e i vertici del Comitato Pavia Asti Senegal che da anni
Esiste un modello sostenibile di agricoltura mondiale che passa dalla cooperazione internazionale. Ne sono profondamente convinti i fondatori e i vertici del Comitato Pavia Asti Senegal che da anni lavorano ai microprogetti in Africa e si confrontano anche con le tante contraddizioni di quella straordinaria terra.
«Nella comunità rurale di Bembou ad esempio – racconta Cesare Quaglia vicepresidente astigiano del Comitato – non esiste lacqua corrente, non esistono scuole nè posti di primo soccorso o ambulatori medici; su 4 pozzi, due non funzionano ma, in compenso, i cellulari prendono il massimo delle tacche, perchè è stato issato un pennone con il ripetitore alimentato a pannelli solari. Questo mentre la prima presa elettrica utile si trova a 15 km di distanza dal villaggio. Questo ci aiuta a capire anche perchè sono sempre più frequenti le masse di persone che si spostano da questi posti verso lEuropa. Se riuscissimo a sviluppare la loro agricoltura in modo sistematico e duraturo, risolveremmo anche il problema di una immigrazione massiccia e senza garanzie».
Il Comitato non ha mai creduto in interventi massivi di agricoltura intensiva con impianti costosi e in mano alle multinazionali, bensì ad un modello di agricoltura orizzontale, familiare, microimprenditoriale, cooperativa che soddisfi il fabbisogno alimentare delle popolazioni e consenta un surplus che sostenga tutta la micro economia locale diffusa. Un modello che responsabilizza ogni nucleo famigliare e rispetta lambiente e la biodiversità. «Dobbiamo sempre ricordarci che mangiare è un atto agricolo, come diceva Wendell Berry, scrittore, poeta ed ambientalista statunitense – conclude Quaglia – dalla sovranità alimentare derivano lautosufficienza, la sicurezza e la stabilità di un Paese».