Di boschi e tartufi si è parlato sabato scorso a Cortazzone davanti ad un folto pubblico interessato a capire meglio se le foreste dell’Alto Astigiano e il suo “frutto” più pregiato possono fare la differenza per lo sviluppo futuro di quella zona.
Organizzato dal Gal Basso Monferrato Astigiano presieduto da Mario Sacco (che ha destinato risorse aggiuntive oltre a quelle regionali) sull’onda del progetto presentato dall’Atl Langhe Roero e Monferrato chiamato Oro Monferrato e finanziato per 60 mila euro dalla Regione Piemonte (cui si aggiungono altri 250 mila euro promessi dal vicepresidente della Regione Carosso), il convegno ha visto avvicendarsi al tavolo dei relatori competenze di tipo scientifico ma anche addetti ai lavori e sindaci del territorio.
Nella querelle fra tartufo bianco e tartufo nero nato dopo la presentazione del progetto che aveva un primo focus su Nero Monferrato, il dottor Igor Boni è intervenuto affermando che la zona del Nord Astigiano è vocata per il tartufo bianco, non per il tartufo nero pregiato ma sottolineando anche che non vi è pericolo di sovrapposizione di produzione: dove cresce uno non cresce l’altro.
Il dottor Guido Blanchard ha parlato di gestione delle foreste ricordando che 3/4 di boschi sono costituiti da robinie, varietà alloctona e infestante invitando a pensare al bosco non a risorsa “di rapina” ma ad un mondo da curare per migliorarlo e, di conseguenza, migliorare la qualità dell’aria. Purtroppo però serve una maggior consapevolezza di azione da parte di chi di boschi vive: «Delle 500 imprese forestali iscritte all’albo regionale, solo 11 sono astigiane nonostante in questa provincia vi sia una delle estensioni di boschi più grande della regione».
Piero Botto, a nome dei tartufai Atam chiede ai sindaci di mettere a disposizione aree demaniali per piantare varietà tartufigene oltre alla necessità di istituire un corpo di vigilanza contro il “bracconaggio” del tartufo.
Il sindaco padrone di casa, Francesco Chiara, ha invitato ad approfondire i temi e ciò che il territorio offre prima di organizzare il turismo e la sua offerta per evitare del dannoso qualunquismo.
Per il sindaco di Piovà Massaia, Antonello Murgia, l’Unesco, dopo quello della cerca e della cavatura del tartufo, dovrebbe allargare il riconoscimento anche ai boschi che ne favoriscono la formazione. Sarebbe una grande spinta alla tutela del patrimonio forestale di tutta la zona dell’Alto Astigiano.
Curiosa un’affermazione del vice presidente regionale Carosso, presente al convegno, sulle polemiche che hanno riguardato l’idea di Nero Monferrato: «I primi che volevano quel progetto sono stati gli albesi. Proprio loro volevano una promozione del tartufo nero. Ma io mi sono imposto per spostarlo nell’Alto Astigiano, zona che turisticamente deve ancora crescere».
Proposta alternativa: puntare sui boschi, vero patrimonio del Nord Astigiano
Dal convegno di sabato scorso è arrivata un’idea alternativa all’individuazione del tartufo (nero o bianco che sia) come prodotto trainante dell’intero Alto Astigiano.
A formularla è il dottor Franco Correggia, biologo di professione e grandissimo conoscitore dei boschi di quella zona e anima dell’Associazione Terra, Gente, Boschi e Memorie che, nel tempo, ha acquistato boschi di pregio per salvaguardarli.
«Il vero patrimonio di queste zone sono proprio loro, i boschi – ha detto – insieme alle zone umide e alle praterie naturali. Si tratta di tre tipologie naturalistiche tanto pregiate quanto rare».
La sua proposta è rivolta ai Comuni che ha invitato a censire sui loro territori le presenze di queste tipologie per metterle a sistema e presentarle al mondo intero.
«Si otterrebbero due risultati – ha spiegato – il primo è quello di individuare e mettere in salvo lo straordinario tesoro su cui camminiamo garantendone a lungo la conservazione della biodiversità. E poi, con poca spesa e in tempi relativamente brevi creeremmo una rete di promozione e attrazione del territorio per turisti selezionati».