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Mercato venerdì con poche bancarelle1
Attualità

Canelli e dintorni: la psicosi da coronavirus non abita qui

Viaggio nelle attività produttive e commerciali della Vallebelbo

Almeno le chiese si sono riempite

Il ritorno alla normalità sono state le chiese piene. Prima domenica di Quaresima con imposizione delle ceneri a recuperare il rito, rinviato causa coronavirus, che introduce nei quaranta giorni che precedono la Pasqua. Quarantena al momento più raccontata che indotta quella del Covid-19, vissuta con apparente nonchalance tra le colline che guardano il Belbo.
Sul sagrato della confraternita, sabato, c’era chi argomentava, tra il perplesso e il falsamente divertito, un adagio che va di moda di questi tempi. «Spiegatemi. Sono sospese le messe prefestive, ma quelle dopo la mezzanotte di sabato si possono celebrare. Perché, il virus dopo quell’ora si autoesclude?». Vagli a spiegare che sono ordinanze governative, che ne va della sicurezza dell’intera comunità, che…«I soliti politici» tanto per non fare di ogni erba un fascio.
Vivere ai tempi del Covid-19 in questo angolo di Piemonte è un tran tran quasi quotidiano. Abitudini appena limate da un vago senso di pudore, senza apparente apprensione. “Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così” cantava Bruno Lauzi nel descrivere i conterranei genovesi. Usi e costumi che, nella settimana orribilis, nell’operosa Valle Belbo si sono fatti corteggiare più da social e dirette tivù che dalla vita reale. Eppure….

Scuole chiuse, bar a rilento

Partiamo dal bar. Che confina con la scuola. Da quando la chiusura a doppia mandata degli istituti ha costretto gli alunni a casa dopo l’abbuffata carnevalesca, gli avventori mattutini si sono un po’ diradati. «Macchè coronavirus! Vedi dei coronavirus, qui? Solo che le mamme, le zie o le nonne non portano più i bambini a scuola e, dunque, il passaggio è ridotto» spiega un avventore attento. Anche il rito dell’aperitivo ha mantenuto il suo fascino, tra bollicine e spritz.

I contraccolpi del mercato cinese

Le aziende (ne abbiamo scritto qualche giorno fa) non danno segnali apparenti di knock out, anche se i timori ci sono. Il via vai mattutino-serale dei pendolari è sostenuto, come se nulla fosse. Poi, a ben guardare vialoni e strade impolverate ti accorgi che manca qualche tir, soprattutto con targa straniera. «Il mercato cinese è fermo – così Giovanni Bocchino, assessore a turismo e manifestazioni del comune di Canelli ed export manager di un’importante casa vinicola -. Le ordinazioni da Singapore sono ferme da due mesi. Soprattutto, non ci sono segnali di ripresa». Bastasse la Cina a togliere il sonno. «Anche altri mercati esteri stanno segnando il passo, così come quello italiano che comincia a far registrare una frenata» annota. Le fiere del settore incombono. Se Vinitaly è confermata a rischio sono Prowein di Dusseldorf e Vinexpo di Hong Kong. «Proprio adesso che stanno uscendo le migliori annate di Barbera e Barolo, i nostri grandi vini ambasciatori del territorio» sbuffa, sconsolato.

Stagione ferma

Il turismo, al momento, non ne risente. Semplicemente perché qui la stagione è ancora ferma. «I turisti arrivano a Pasqua – ammette Giovanni Bocchino, indossando il vestito da amministratore -. Adesso ci sono le visite spot, ma tante strutture sono ancora chiuse». Anche se qualche scricchiolio si avverte. Qua e là, nei resort che costellano Langa e Monferrato, le prime disdette sono arrivate. «L’immagine riflessa dal nostro Paese è stata pessima – racconta Patrizia Brambilla, del Relais Villa del Borgo -. Molti tour operator mi hanno scritto mail personali chiedendomi se ero in salute. Pazzesco! Siamo stati dipinti come un popolo di contagiati».

Amuchina “l’introvabile”

Qualche avvisaglia di fuga in avanti, comunque, c’è stata. Il direttore di un supermercato conferma che «il 24 e 25 febbraio abbiamo lavorato come nei giorni precedenti il Natale». In effetti coronavirus ha scelto, per nascere, due mesi dopo il compleanno del Bambinello. Ma non è la stessa cosa. Tanto per dire, l’amuchina gel è sparita dagli scaffali.
I ristoranti funzionano, per quel che la stagione consente. Non ancora presi di mira dai buongustai d’Oltralpe, le ganasce sono tutte nostrane. «Un po’ di freno a mano c’è, ma senza tirare troppo» sdrammatizza Piercarlo Ferrero del San Marco.

L’ottimismo dei langaroli

Di monatti, su e giù per le lande dove la primavera anticipata sta facendo germogliare migliaia di boccioli e sbocciare violette, non se ne sono visti. Non li aspettano neppure sulle colline della Langa Astigiana. Sulla piazza di Roccaverano, crocevia tra mare&montagna: «Ma che curonavairus! Que a spetuma ij cravet ‘d Pascua!» (Ma che coronavirus! Qui aspettiamo i capretti di Pasqua) dice un anziano che si tiene il cappello per non farselo rubare dalla tramontana malandrina. .

Ad ansimare (ancora di più del solito) è il commercio

Il commercio ansima, acuendo un incedere stanco che si trascina da tempo. «Oggi sono entrate solo due persone. Erano mesi che non succedeva» dice, stupita, una negoziante a metà di un sabato pomeriggio senza brio. Ma i saldi sono (quasi) finiti e le collezioni primavera non hanno ancora guadagnato la ribalta delle vetrine. Bancarelle generaliste ridotte della metà venerdì al mercato. Resiste il reparto verdura-frutta-alimentari, ma con opacizzata vivacità.

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