Simbolo della storia economica della città spumantiera
E’ ancora il simbolo, seppur trascurato, della storia economica, sociale e culturale di Canelli. Nascosta tra gli arbuti, i colori sbiaditi, è stato l’emblema della città per chi arrivava con le “littorine” che percorrevano la tratta Alessandria-Cavallermaggiore prima della sua chiusura. E’ la grande bottiglia di spumante che abbelliva il giardino della stazione ferroviaria, icona di una comunità che dal vino e del vino è figlia sin dalle origini.
Il racconto dello scrittore
A realizzarne il progetto fu, alle fine degli Anni ’50, Enzo Aliberti, oggi apprezzato scrittore di romanzi e poesie che traggono spunto dalla vita vissuta e dalle “conte” nate sulle colline del Moscato Patrimonio dell’Unesco. E’ lui a raccontare come nacque l’idea di dar vita al “bottiglione”. «In quegli anni le Ferrovie dello Stato avevano stanziato dei fondi da destinare all’abbellimento delle stazioni secondarie. Si era aperta una vera e propria competizione fa i capistazione a chi avesse fatto meglio nella propria realtà».
Perito industriale con la passione per l’arte del ferro
Aliberti, poco più che ventenne, si era da poco diplomato perito industriale all’istituto “Avogadro” di Torino. Il padre, stimato artigiano del ferro, gli aveva lasciato in eredità il gusto della lavorazione artistica di questo materiale. «Venni contattato dal responsabile della stazione di Canelli il quale aveva in mente di realizzare qualcosa di simbolico da installare nel giardinetto accanto alla stazione che potesse degnamente rappresentare il nostro territorio».
In stazione transitava quasi tutto il vino venduto
Con l’epopea dell’enomeccanica agli albori, erano gli anni in cui le aziende vinicole e spumantiere fiorivano e prosperavano. La stazione ferroviaria era un punto nevralgico per il trasporto dei vini, sia in bottiglia sia in cisterna. Grandi vagoni arrivavano, e partivano, dalle cantine con destinazioni italiane e per l’estero. Il progetto nacque per osmosi. Ricorda Aliberti: «Avevamo discusso le varie soluzioni e alla fine si era convenuto che l’ideale era costruire una fontana composta da una bottiglia che versava spumante in una coppa».
Eliminato lo zampillo, introdotto il tappo
Prese corpo, così, il progetto, d’impatto e rappresentativo della città. «Avevo circa vent’anni, o poco più, e mi impegnai a eseguire il disegno che venne approvato. In officina si dette corso ai lavori per la sua costruzione». Ma che non fosse una realizzazione semplice da eseguire fu subito chiaro a Enzo Aliberti. «Ben presto comprendemmo che per simulare realisticamente lo spumante che si versava non era sufficiente un semplice zampillo bensì occorreva un corposo getto d’acqua. L’impianto necessario – tratteggia il nonno-scrittore – sarebbe stato troppo impegnativo e oneroso, per cui si optò di dotare di tappo la bottiglia e di collocarla in piedi accanto alla coppa. E così fu fatto».
Trasferita e urtata da un’auto
Monumento che, ancora oggi, resiste, nonostante le intemperie e un tantino di trascuratezza. Per un breve periodo ha anche cambiato sede, traslocando in piazza Cavour. Questa, però, non era ancora area pedonale, libera alla circolazione. Un automobilista la urtò violentemente, ammaccandola. Rimessa in sesto, l’amministrazione comunale preferì ricollocarla nel suo luogo d’origine.
Quel progetto ha più di sessant’anni
Manufatto che per Enzo Aliberti evoca ricordi di gioventù. «Sono passati più di sessant’anni e la bottiglia, che è stata il mio primo progetto, oltre a rappresentare un piccolo pezzo della storia della nostra comunità, per me racchiude al suo interno lo spirito di chi l’ha voluta e di chi l’ha realizzata, persone che non ci sono più. Penso ai due operai che hanno centinato le lamiere, al decoratore che l’ha dipinta ed al capostazione entusiasta che, a fine lavori, mi confidò con orgoglio di essere sicuro che la stazione di Canelli sarebbe stata premiata come la migliore di tutta la linea».