Cinquant’anni di lavoro, progetti, aiuto alle persone in difficoltà, riportati alla mente da testimonianze, riflessioni e racconti.
Sono stati numerosi i relatori che, nei giorni scorsi sul sagrato della chiesa di Viatosto, hanno ricordato le tappe della Caritas dall’istituzione, il 2 luglio 1971 per volere di Papa Paolo VI, fino a oggi. Un modo per riflettere sul percorso svolto, concentrandosi sull’ambito diocesano, e sugli obiettivi ancora da raggiungere.
Tra i primi a rispondere alle domande del moderatore Beppe Amico, direttore della Caritas, è stato don Giuseppe Gallo, che ne è stato il primo responsabile e ha contribuito in maniera significativa alla sua crescita.
I primi anni
«L’accoglienza da parte del vescovo Cavanna – ha sottolineato – è stata cordiale, mentre molti vescovi avevano mal accolto, all’inizio, la nascita della Caritas. Io sono stato coinvolto quando ero un giovane sacerdote in Cattedrale. Non avevo nessun titolo particolare per occuparmene, si navigava un po’ a vista».
Il terremoto in Friuli Venezia Giulia nel 1976 ha dato una grande spinta organizzativa. «Siamo andati – ha raccontato un volontario di allora, Paolo Casalegno – a rifinire i prefabbricati che il Governo aveva dato a tutte le famiglie terremotate». Si è instaurata anche una relazione d’amicizia con gli abitanti di Verzegnis, coinvolta dal terremoto e gemellata con Asti. Nel ‘77 è poi stata stipulata la convenzione per il servizio svolto dagli obiettori di coscienza. Erano gli anni della contestazione e della disubbidienza civile e anche una parte della Chiesa voleva prendere parte al cambiamento. «E’ importante – ha affermato Don Gallo – combattere cristianamente tutto quello che puzza di guerra e di armi. Ci siamo battuti molto per sensibilizzare la comunità astigiana alla pace».
L’obiezione di coscienza e il volontariato sociale
Si è dato spazio poi alle testimonianze di chi aveva svolto l’esperienza di obiettore di coscienza. «In via Varrone – ha evidenziato Giovanni Miglietta, uno dei primi a svolgere il servizio – accoglievamo persone senza fissa dimora, ex alcolisti, ex tossicodipendenti ed ex carcerati. E’ stata un’esperienza di condivisione concreta». Mentre per don Dino Barberis era anche un modo per uscire dall’ambiente in cui si era cresciuti: «Ti sentivi parte di un movimento internazionale», ha ricordato.
Nel 1982 una possibilità simile è stata proposta anche alle ragazze grazie all’anno di volontariato sociale. «Abbiamo vissuto la vera condivisione con persone che venivano dal manicomio dopo la legge Basaglia, tossicodipendenti, bambini in situazioni difficili e con problemi di violenze», ha spiegato Antonella, che ha svolto il servizio proprio nel 1982.
La Caritas si è poi trovata in prima linea ad affrontare le migrazioni dalla Libia, negli anni Settanta, e dall’Albania, negli anni Novanta. Per poi impegnarsi nell’apertura di strutture volte all’accoglienza di persone in difficoltà.
L’aiuto ai migranti
L’incontro è poi proseguito con le testimonianze di volontarie e di migranti accolti. «Dall’Iraq siamo scappati in Giordania, dove ho fatto volontariato alla Caritas in una sorta di mensa sociale», ha raccontato Saif, ventisettenne emigrato dall’Iraq con tutta la famiglia nel 2014 per fuggire dall’avanzata dell’Isis, essendo di religione cristiana.
Infine sono stati ascoltati due profughi afghani arrivati in Italia dopo la presa di Kabul da parte dei Talebani lo scorso agosto.
L’attività della Caritas oggi
La Caritas diocesana conta circa 300 volontari e una serie di servizi che offrono aiuto concreto alle persone in difficoltà. Innanzitutto poggia sulla rete di 20 centri di ascolto, attivati presso le parrocchie, in cui i volontari accolgono e filtrano richieste di aiuto e segnalazioni da parte di famiglie e persone che vivono una situazione di disagio. Comprende inoltre il centro diurno per senzatetto “Il Samaritano” di via Morelli, la struttura di accoglienza per donne e bambini “Le querce di Mamre” in via Testa e l’emporio solidale di via Canelli, una sorta di supermercato dove le famiglie con reddito non superiore ai 6mila euro possono fare, temporanemante per alcuni mesi, la spesa gratuitamente. Il tutto dietro autorizzazione del centro di ascolto di riferimento.
«Poi – spiega Beppe Amico, direttore Caritas dal 2006 – mettiamo a disposizione alcuni strumenti per aiutare i centri di ascolto nella loro attività. Innanzitutto il fondo “Il buon samaritano”, che prevede fino a mille euro di aiuti alle famiglie certificate vittime economiche dell’emergenza sanitaria, in modo da affrontare spese di prima necessità o legate all’abitazione. Quindi il progetto lavoro, attivo da dieci anni, che prevede tirocini formativi finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro, finanziati da noi. Uno strumento che Caritas italiana ha indicato come buona prassi, invitandoci a promuoverlo a livello nazionale tramite presentazioni in streaming. Legato al centro diurno per senzatetto ricordo anche l’appartamento che ospita temporaneamente persone senza fissa dimora che frequentano i tirocini formativi, in modo che abbandonino la vita in strada».
La Caritas diocesana è anche attiva per aiutare i richiedenti asilo, tra accoglienza negli appartamenti a disposizione e attivazione di corridoi umanitari.