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Carmela, astigiana volontaria alle Paralimpiadi con Versailles come “ufficio”

L’esperienza della nostra corrispondente che ha prestato servizio nello staff che ha gestito l’equitazione paralimpica nel cortile del castello reale parigino più conosciuto al mondo

Una scelta decisamente alternativa quella fatta da Carmela Pagnotta per le sue ferie 2024. Lei, astigiana dipendente di Konecta Group e corrispondente de La Nuova Provincia, ha scelto di mettere a disposizione il suo tempo di riposo per le Paralimpiadi che si sono tenute a Parigi, subito dopo le Olimpiadi.
Prima esperienza di questo genere?
No, ero già stata volontaria alle Olimpiadi invernali di Torino 2006, poi ai mondiali di scherma, sempre nel 2006 e alle Universiadi che si tennero l’anno successivo. E’ così bello far parte dell’organizzazione di questi eventi che l’anno scorso presentai la candidatura e, con mia sorpresa, venni chiamata fra i 9 mila volontari scelti dall’estero.

Dove hai prestato servizio?
Inizialmente avevo dato disponibilità di fare l’autista ma visto che l’organizzazione parigina ha puntato moltissimo sulla sostenibilità anche in termini di mobilità, sono stata indirizzata all’accoglienza del pubblico che, a Versailles, ha seguito le gare di equitazione. Dressage per la precisione.
Per quanti giorni hai vestito i panni della volontaria?
Per 5 giorni, con turni quotidiani dalle 6 alle 8 ore. A carico mio e di tutti i volontari c’era il viaggio dall’Italia e l’alloggio a Parigi; l’organizzazione ci passava i pasti e i viaggi con i mezzi pubblici.
Quale era esattamente il tuo compito?
Accoglievo il pubblico all’ingresso, scannerizzavo i biglietti, accompagnavo le persone sulle tribune e mi occupavo di guidare la navetta elettrica o di spingere la sedia a rotelle di chi seguiva le gare ma aveva ridotta mobilità.
Cosa ti hanno lasciato nel cuore questi cinque giorni?
E’ la prima volta che facevo la volontaria alle Paralimpiadi ed è stata un’esperienza illuminante. Perché mi ha aiutato ad avere un’altra visione del mondo della disabilità dove viene cancellata la compassione per essere sostituita con un’idea di normalità seppure con limiti oggettivi. Che cambiano per chiunque e a cui chiunque di loro si adatta. E poi l’amicizia con tantissimi volontari da tutto il mondo con i quali, ovviamente, ci siamo scambiati numeri di telefono e promesse di visite reciproche.
Come giudichi l’organizzazione parigina delle Paralimpiadi?
Sono stati bravissimi a promuoverle come le Olimpiadi che si erano tenute qualche settimana prima. Gli stadi e tutte le sedi paralimpiche erano sempre piene di pubblico, gli atleti accompagnati e sostenuti in ogni loro necessità, le gare in diretta sulle reti nazionali. Hanno trattato molto bene anche noi volontari: appena arrivati, siamo stati accolti dallo staff organizzativo in parata per noi. E la parata si è ripetuta al termine di ogni gara, quando il pubblico ci tributava applausi e noi facevamo un piccolo balletto insieme alla mascotte Phryge.
La “fotografia” che ti rimarrà impressa?
La facciata di Versailles. Ho fatto accoglienza alle tribune sistemate a ferro di cavallo con il castello sullo sfondo.

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