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Carne sintetica coltivata in laboratorio: inquina da 4 a 25 volte in più

Potenziali anche i rischi di allergie gravi e patologie tumorali. Diego Furia: “Non cibo, ma prodotti artificiali”

L’inquinamento derivante dalla produzione di carne sintetica in laboratorio (foto), definito in equivalenti di Anidride Carbonica emessi per chilogrammo prodotto, è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale. A confermarlo sono i risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner e dai suoi colleghi dell’Università della California a Davis. E’ quanto riferisce la Coldiretti nell’evidenziare che lo studio è stato appena pubblicato sul sito www.biorxiv.org come contributo alla chiarezza in un campo d’indagine molto recente sul quale crescono le ombre.

I ricercatori hanno condotto una valutazione sull’intero ciclo produttivo della carne sintetica (o a base cellulare come suggerito da Fao e Oms). In particolare è stata focalizzata l’attenzione sulle sostanze nelle quali vengono fatte crescere in laboratorio le cellule staminali, che sembrano avere un forte impatto sull’ambiente, in particolare a causa dei processi di trattamento necessari per evitare la formazione di tossine o batteri.

“Le preoccupazioni ambientali che arrivano dal mondo della ricerca – commenta Marco Reggio  Presidente di Coldiretti Asti – fanno seguito ai rischi per la salute censiti nel primo Rapporto FAO-OMS sul cibo a base cellulare (pubblicato lo scorso aprile) che, all’interno delle sue 134 pagine, evidenzia la necessità di garantire la sicurezza alimentare attraverso l’identificazione dei pericoli potenziali nella catena di produzione di tali alimenti, al fine di valutare ulteriormente i rischi loro associati prima della diffusione commerciale su larga scala”.

“I pericoli potenziali per la salute individuati all’interno del paper sono ben 53 e spaziano dalle allergie ai tumori interessando le quattro fasi della loro lavorazione: la selezione delle cellule, la produzione, la raccolta e la trasformazione – proseguono dalla Coldiretti.  – Rischi che, secondo gli esperti consultati da FAO e OMS, riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica, oltre alla necessità di prestare particolare attenzione ai componenti utilizzati nei bioreattori, come fattori della crescita e ormoni, e sulle modalità con cui queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere addirittura associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro. Senza dimenticare che, sempre secondo il Rapporto FAO-OMS, gli ingredienti aggiunti per migliorare le caratteristiche dei cibi sintetici possono causare reazioni allergiche anche gravi”.

E, dopo la carne in provetta, un nuovo allarme potrebbe aggiungersi con la produzione di latte sintetico. Israele, infatti, si appresta a diventare uno dei primi Paesi al mondo a vendere veri e propri prodotti lattiero caseari senza mucche. Quest’ultima preoccupazione è stata lanciata da Coldiretti e Filiera Italia, in occasione del convegno “I rischi del cibo sintetico” durante la recente edizione di Tuttofood a Milano, a cui ha partecipato anche una delegazione di Coldiretti Asti.

“Un concreto pericolo per la sopravvivenza della Fattoria Italia che, oggi, vale 55 miliardi di euro (11 milioni di quintali di latte solo in Piemonte) e rappresenta uno dei fiori all’occhiello del tricolore a tavola – sottolinea il Direttore Coldiretti Asti Diego Furia.

“Dal mondo scientifico – conclude Furia – cominciano ad arrivare conferme sulla necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte a una nuova tecnologia che, ancora, presenta molte incognite. Proprio per questo, la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che, nei processi di autorizzazione, i prodotti alimentari ottenuti in laboratorio non vengano equiparati a cibo, bensì, a prodotti di carattere farmaceutico”.

In assenza di adeguate garanzie per la salute umana e ambientale, Coldiretti ha avviato un percorso trasparente contro i cibi sintetici, iniziato con la raccolta di firme arrivata ad oltre mezzo milione a livello nazionale, di cui 50mila in Piemonte. Proposta altresì sostenuta da oltre 2000 Comuni, di cui 500 in Piemonte e di cui 55 astigiani, compresa la Città di Asti.

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