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Appello

Caso Salis: solidarietà dell’Anpi di Asti ad Ilaria, detenuta in Ungheria

Pressioni sul Governo italiano affinchè chieda il trasferimento della donna in Italia ancor più dopo la pubblicazione di una sua lettera di ottobre in cui descrive la sua carcerazione. Attivata anche una petizione on line

Non si spengono le reazioni alla vista del trattamento riservato in aula di tribunale ad Ilaria Salis, la maestra italiana detenuta da mesi nelle carceri ungheresi.

Anche l’Anpi provinciale di Asti, per voce del presidente Paolo Monticone e del vice Guido Cardello, appoggia il documento divulgato dalla segreteria nazionale sul quale concorda totalmente ed incondizionatamente.

Ancor più oggi, quando sul quotidiano La Repubblica è stato pubblicato il testo integrale della lettera inviata dalla stessa Ilaria ad inizio ottobre al proprio difensore in cui vengono segnalate condizioni di detenzione agghiaccianti. Oggi più che mai è valido il principio “Ora e sempre Resistenza!”.

«Si tratta, indubbiamente, di un trattamento disumano o degradante, che non può essere accettato in qualsiasi Paese Civile. Per molto meno, il nostro Paese è stato più volte sanzionato dalla stessa Commissione Europea per i Diritti Umani – scrive l’Anpi di Asti – A ciò si aggiunga come Ilaria Salis sia detenuta ed imputata per essersi opposta ad una manifestazione nazifascista, che uno Stato appartenente alla Comunità Europea aveva, purtroppo, autorizzato e che, invece, avrebbe dovuto vietare. Ci auguriamo che, proprio sulla base delle norme di diritto finora applicate dall’Italia sui mandati d’arresto europei, non venga concessa la consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi, coimputato di Ilaria Salis ed attualmente agli arresti domiciliari in Italia».

Questo il testo del documento rilasciato
dalla segreteria nazionale Anpi

Non possiamo rimanere indifferenti davanti al caso di Ilaria Salis, detenuta in custodia cautelare in Ungheria e sottoposta a trattamenti incivili da quasi un anno, che versa in condizioni fisiche e psichiche insopportabili. Si proclama innocente per un reato minore – avrebbe provocato lesioni guaribili in 5 e 8 giorni -, per il quale rischia fino a 16 anni di detenzione, ma è costretta ad attendere la celebrazione del processo che dovrebbe finalmente iniziare a fine mese, il 24 gennaio. Non sono state e non sono tuttora rispettate le più elementari misure di rispetto per la dignità umana e l’igiene personale, come si apprende dalla stampa: costretta a mangiare con le mani, con cimici, scarafaggi, topi in cella. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è limitato a generiche assicurazioni sul caso Ilaria Salis durante il question time. È lo stesso ministro che proprio venerdì,, nonostante il via libera della Cassazione, non ha concesso l’estradizione dall’Italia per l’Argentina di  don Franco Reverberi,  accusato di crimini contro l’umanità, tra i quali l’omicidio nel 1976 di José Guillermo Beron, e la presenza alle torture cui erano sottoposti i prigionieri durante gli anni della dittatura militare tra il 1976 e il 1983. Male l’Ungheria, ma male anche il ministro italiano. Il governo chieda urgentemente il ripristino del principio di legalità nei confronti del governo ungherese, già in passato condannato per trattamenti inumani e degradanti in violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e operi affinché, nel caso di condanna, venga immediatamente chiesta l’estradizione in Italia.

Petizione on line

Intanto è stata lanciata anche una petizione on line dal Comitato Ilaria Salis per chiedere  al Governo Italiano e al Presidente della Commissione per i diritti umani del Parlamento Europeo che  “la cittadina italiana Ilaria Salis possa affrontare in Italia il processo per i reati che le vengono contestati e si giunga, quindi, alla sua immediata liberazione in virtù della palese violazione del Diritto internazionale e dei diritti umani che la sua lunga e sofferta carcerazione evidenzia.

Bisogna, con urgenza, ristabilire la supremazia del diritto di fronte a quella dell’arbitrio e della prevaricazione ideologica; il fatto che da un anno una donna, una insegnante, una cittadina venga privata della propria libertà senza alcuna prova in merito alle sue responsabilità costituisce un fatto di natura politica, diplomatica, etica, giuridica, di enorme gravità. Un fatto che riguarda tutti noi, il nostro Paese, l’Europa che immaginiamo”.

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