Il Centro servizi per il volontariato di Asti verso laccorpamento con quello di Alessandria? Probabile, se continuerà lemorragia di fondi che lo caratterizza. Lipotesi, in discussione in
Il Centro servizi per il volontariato di Asti verso laccorpamento con quello di Alessandria? Probabile, se continuerà lemorragia di fondi che lo caratterizza. Lipotesi, in discussione in questi mesi, potrebbe riguardare dal 2014 appunto il Csv, associazione di secondo livello che si occupa di fornire assistenza e servizi alle organizzazioni di volontariato che vi sono iscritte. Nato nel 2006, il Csv è composto da 61 associazioni (erano 33 al momento della fondazione) ed è guidato da un consiglio direttivo con a capo un presidente, ruolo ricoperto attualmente da Bartolomeo Diagora. Le associazioni si dividono tra quelle impegnate in ambito socio-assistenziale (31), sanitario (12), culturale (8), di Protezione civile (5), relativo alleducazione motoria (2), alla tutela e valorizzazione del patrimonio (2) e dellambiente (1).
Il Centro, che ha sede in via Brofferio 110, ha il compito di sostenere e qualificare lattività di volontariato, erogando servizi alle associazioni iscritte (e non) ai registri provinciali. In particolare, si propone di promuovere la cultura della solidarietà valorizzando le iniziative di volontariato delle associazioni, formando e qualificando i loro aderenti, offrendo consulenza e assistenza qualificata.
«Il bacino cui ci rivolgiamo – spiega Carlo Picchio, direttore del Csv – è composto da 236 associazioni astigiane (151 delle quali sono iscritte al Registro provinciale), accreditate a ricevere i nostri servizi. Di queste ce ne sono appunto 61 che, essendo socie, possono anche partecipare alla vita associativa, che prevede cariche gratuite». Per garantire alle associazioni i servizi di cui necessitano il Centro si avvale attualmente di 5 dipendenti (tre fissi e due part time), «il cui futuro è ora incerto», come precisa il direttore. La ragione, come accennato, sta nei fondi che lo alimentano.
«Lattività del Centro – spiega Picchio – è controllata dal Comitato di gestione Fondo speciale per il volontariato del Piemonte, organo esterno ed autonomo che provvede allerogazione dei finanziamenti previsti dalla Legge 266 del 1991. I contributi garantiti dal Fondo speciale per il volontariato non sono pubblici, ma derivano da una quota (pari ad 1/15) degli utili delle Fondazioni bancarie, tanto che il Comitato è formato, in maggioranza, da loro rappresentanti, insieme ad esponenti del mondo del volontariato e da amministratori di Ministero, Regione ed Enti locali». «In passato – continua – ogni regione gestiva il suo ammontare, e in tale contesto il Piemonte era fortunato in quanto conta, sul suo territorio, numerose Fondazioni. Successivamente è stato invece deciso di porre la somma derivante da tutte le Fondazioni in Italia sul piatto e di redistribuirla ai Centri servizio del Paese in base al numero di abitanti, allampiezza del territorio e al numero di associazioni iscritte al Registro provinciale».
Andando a vedere landamento dei fondi assegnati a partire dallanno di fondazione, infatti, si nota che il budget assegnato nel 2006 era pari a 225mila euro, ed è poi salito, nel giro di due anni, ad una cifra elevata (1,05 milioni di euro), per poi scendere progressivamente in questi anni, fino ai 266mila euro del 2013. «Inizialmente, quando il budget era effettivamente elevato – commenta Picchio – molti centri si sono dotati di una certa struttura, a livello di sede (in affitto perché avevamo il vincolo di non acquistare beni) e di personale, per garantire i servizi richiesti». In sostanza, i Centri non dovevano fornire contributi diretti alle associazioni ma fornire servizi come, ad esempio, corsi di formazione, stampa locandine e materiale promozionale e informativo, affitto sale per lo svolgimento di manifestazioni, noleggio di mezzi per il trasporto dei volontari in occasione di iniziative, manifestazioni e gite sociali, ufficio stampa, segreteria, consulenza su aspetti giuridici e fiscali.
Tanto per dare unidea, allo scorso 30 giugno i servizi erogati dal Csv sono stati 775, di cui 707 di primo livello, erogati in proprio (consulenze, servizi di segreteria, grafica e stampa…) e 85 di secondo livello (stampa in tipografia, noleggio service audio luci, costi di docenza per corsi di formazione…). «Poi, in concomitanza con la crisi finanziaria, e la correlata diminuzione degli utili della banche – continua – le somme sono scese, e abbiamo cominciato a tagliare su varie voci di costi interni. Inoltre, dal 2011 ci è stato comunicato che il budget a disposizione dei Csv va suddiviso in una quota servizi, destinata a supportare i servizi alle associazioni, e una quota di progettazione sociale, destinata a supportare i progetti delle associazioni tramite appositi bandi (peraltro non assegnata questanno). Finora noi siamo riusciti a pubblicare i bandi e a fornire i servizi grazie allaccantonamento di somme avanzate dalle gestioni precedenti, ma per il futuro tutto è una grossa incognita. Anche perché tra le Fondazioni serpeggia un certo malumore, per il fatto che finanziano i Centri servizi e poi comunque elargiscono finanziamenti secondo il loro piano annuale e pubblicano bandi cui possono partecipare le medesime associazioni. Insomma, ai loro occhi il finanziamento dei Csv è un doppione».
Lipotesi in dicuscussione, e di cui si saprà una risposta entro la fine di questanno, è come detto laccorpamento con un altro Csv confinante a livello di territorio, probabilmente Alessandria. «Una scelta – conclude Picchio – pensata nellottica di tagliare i costi di gestione (come quelli relativi a consulente del lavoro, commercialista, revisore dei conti, software di gestione) privilegiando il sostegno ai progetti delle associazioni. Lidea è comunque quella di cercare di mantenere un ufficio in ciascun territorio, per garantirne il presidio. Di certo la prima conseguenza sarà quella di ridurre il personale e di usufruire di ammortizzatori sociali».
Elisa Ferrando