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Cgil: «No alla manovra Meloni, sì a salari dignitosi e alla pace» [photogallery]

Dalla legge di Bilancio 2026 al futuro della sede astigiana di Konecta, gli interventi dal corteo Cgil per lo sciopero generale di oggi

È partito verso le 10 da piazza San Secondo il corteo organizzato dalla Cgil per la giornata nazionale di sciopero di stamattina (venerdì), che ha coinvolto otto città piemontesi e numerose altre italiane. Anche Asti ha aderito alla mobilitazione contro la manovra economica del governo Meloni, contestata per le priorità di spesa e per l’assenza di interventi su salari, welfare e precarietà.
Ad Asti, il corteo si è distinto anche per una rappresentazione simbolica che ha ricordato le vittime dei conflitti in corso, dalla striscia di Gaza all’Ucraina: un modo per intrecciare la protesta sociale con la denuncia della violenza delle guerre, che – come hanno ribadito molti interventi – continuano a sottrarre risorse a welfare, sanità e lavoro.

Le parole di Luca Quagliotti

Il primo intervento, molto articolato, è stato quello del segretario generale provinciale Cgil Luca Quagliotti, che ha denunciato l’aumento delle spese militari e la prospettiva del ritorno alla leva obbligatoria dal 2029. Quagliotti ha parlato di una «finanziaria di guerra», denunciato i tagli previsti alla sanità, al welfare locale e agli enti territoriali, ricordando come questi ricadano direttamente sulle famiglie.                                                                            «Quando tagli i fondi ai Comuni, o si riducono i servizi o aumentano le tariffe. Ad Asti abbiamo già la Tari più alta d’Italia”. Una manovra, ha aggiunto, che “favorisce chi ha di più” e che ignora lavoratori e pensionati che, solo nell’ultimo anno, hanno versato 25 miliardi in più di quanto avrebbero dovuto», ha poi concluso.

Il riferimento al futuro di Konecta Asti

Duro e diretto l’intervento di Carmela Pagnotta, rappresentante Rsu Slc e dipendente Konecta, che ha descritto le conseguenze annunciate dal piano industriale 2026 dell’azienda, che prevede l’accentramento dei siti piemontesi su Torino e la chiusura delle sedi di Asti e Ivrea. Una scelta che, ha spiegato, mette a rischio centinaia di posti di lavoro, in gran parte occupati da part-time impossibilitati a sostenere i costi del pendolarismo. «Siamo numeri, non persone», ha detto, denunciando una decisione comunicata «pochi giorni prima di Natale» e definendola devastante per il tessuto sociale cittadino.

I problemi dei dipendenti del commercio

Dal settore metalmeccanico è arrivata la testimonianza di un dipendente Johnson Electric Gate, che ha ricordato come la data dello sciopero coincida con l’anniversario della strage di Piazza Fontana. Ha criticato l’aumento degli stanziamenti per la difesa e messo in relazione tali spese con lo stato critico degli edifici scolastici, affermando che «nove scuole su dieci non sono a norma» e denunciando l’innalzamento dell’età pensionabile e l’insufficienza delle prestazioni sanitarie pubbliche.
Dalle lavoratrici del commercio, poi, è arrivata la voce di Melissa Capra, delegata Filcams, che ha portato la quotidianità del lavoro precario: turni spezzati, orari che cambiano di continuo, part-time involontari e contratti brevi. Ha denunciato una manovra economica che «premia chi ha redditi alti e lascia indietro chi tiene in piedi negozi, servizi, logistica, turismo”, mentre sanità, casa, welfare e sicurezza sul lavoro continuano a essere insufficienti. «La nostra forza non è nel silenzio, ma nella voce – ha concluso – e se non ci facciamo sentire noi, per noi non lo farà nessuno».

Valfré contro la legge di stabilità: «Causa danni al Paese»

A chiudere la manifestazione è stata Enrica Valfrè, della segreteria Cgil Piemonte, che ha ringraziato la piazza astigiana per aver scioperato «rinunciando a una giornata di stipendio» e ha ribadito la contrarietà a una legge di bilancio che «produce danni alle persone e al Paese». Valfrè ha denunciato l’assenza di investimenti pubblici, il peggioramento dei servizi, la perdita di potere d’acquisto dei salari e il continuo irrigidimento dell’età pensionabile. E ha ricordato come, mentre per la sanità si investe poco più del 6% del Pil, per le spese militari il governo preveda di arrivare al 5% nei prossimi dieci anni: «Hanno trovato i miliardi per le armi, ma non per prendersi cura delle persone». Ha inoltre annunciato la mobilitazione di mercoledì prossimo davanti al Consiglio regionale, in occasione della discussione sul nuovo piano socio-sanitario.
Gli interventi si sono chiusi con una richiesta condivisa: rivedere le priorità della manovra e restituire centralità al lavoro, ai servizi pubblici e a una politica di pace che, per la Cgil, rappresenta una condizione imprescindibile per la sicurezza e il futuro del Paese.

Foto di Mariagrazia Billi 

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