«Se non si interviene in modo risolutivo, in queste campagne non rimarrà più nessuno a coltivare» è lo sfogo amaro di un agricoltore di Cerreto
«Se non si interviene in modo risolutivo, in queste campagne non rimarrà più nessuno a coltivare» è lo sfogo amaro di Daniele Rossi, agricoltore di Cerreto ieri mattina al ritorno dalla Coldiretti dove aveva appena sporto la denuncia danni per un suo campo di granoturco completamente devastato dai cinghiali. Un’emergenza, quella degli ungulati, che dura da anni e che ha già portato l’Ambito Territoriale Caccia a modificare le sue strategie per combattere una vera e propria invasione. Che però i coltivatori continuano a subire.
«L’anno scorso, stufo di avere il mais rovinato, ho deciso di mettere il filo elettrificato per tenerli lontani, così come suggerito dagli esperti – racconta Rossi – peccato che dopo qualche settimana mi sia stato rubato (a me come ad altri quest’anno). Ne ho ricomprato dell’altro e l’ho di nuovo sistemato ma i cinghiali lo hanno abbattuto. Serve per il singolo esemplare, non per i branchi che hanno una “forza di sfondamento” superiore. Così mi hanno di nuovo pestato e mangiato tutto il mais. Già è una coltura che vale sempre meno, se poi non riusciamo nemmeno più a coltivarla, qui se ne vanno via tutti. E – conclude l’agricoltore di Cerreto – non è una soluzione quella di pagare i danni. Bisogna risolvere la questione alla radice per non continuare a dover tirar fuori soldi per i danni e per dare dignità al nostro lavoro». Molti agricoltori hanno scelto di raccogliere il mais anche se non ancora sufficientemente maturo proprio per evitare di vederselo rovinato dai cinghiali.
L’allarme cinghiali era stato dato ad inizio agosto anche dalla Confagricoltura di Asti, quando ha segnalato la presenza di un gruppo di cinghiali nei pressi della rotonda dell’antica Certosa di Valmanera, a pochi passi da una scuola e dalle villette lungo via dell’Arazzeria. La loro presenza alle porte della città ha preoccupato molto e Confagricoltura si è schierata a favore dei cacciatori che chiedono un calendario faunistico più elastico proprio per far fronte al proliferare di cinghiali ma anche di caprioli, storni, gazze, cornacchie grigie. Tutti nemici delle campagne e delle colture. E non solo di esse.
«Le cornacchie – scive Massimo Forno, presidente di Confagricoltura di Asti – rappresentano una gravissima minaccia non solo per i prodotti della terra, ma anche per gli uccelli insettivori, preziosi alleati nella difesa dei raccolti ma sempre in minor numero a causa dei mutamenti climatici, della progressiva scomparsa di siti di nidificazione e della crescita incontrollata della fauna selvatica. Invece che ostinarsi a produrre normative vessatorie verso chi, come i cacciatori si impegna ad arginare un problema che ormai interessa tutta la cittadinanza, la Regione Piemonte dovrebbe provvedere ad elaborare delle stagioni di caccia più elastiche».
Non può che non essere d’accordo Aldo Rosio, segretario provinciale Federcaccia di Asti che si rivolge all’assessorato regionale all’agricoltura: «Confidiamo che anche la Regione riconosca finalmente il ruolo che i cacciatori hanno sempre svolto a tutela del territorio e per la conservazione della biodiversità messa a repentaglio da alcune specie selvatiche. Chiediamo che l’assessorato utilizzi tutti gli strumenti normativi che consentano un’estensione del calendario venatorio e delle specie cacciabili sulla base delle direttive europee».
Daniela Peira