Pietro Secondo Radicati (1671-1729), paggio ducale e capitano delle truppe al servizio del re di Francia Luigi XIV, nel 1701 venne consacrato vescovo da papa Clemente XI e nello stesso anno fece solenne ingresso in Casale Monferrato. Grazie alla sua cultura giuridica e al suo temperamento forte, fu in grado di imporre disciplina al clero e pretendere rispetto dai signorotti della città per la vita della chiesa. Governò la diocesi in uno dei momenti più complessi della storia del Monferrato, nel momento del passaggio dall’amministrazione gonzaghesta a quella sabauda, nel contesto dei rilevanti cambiamenti politici connessi al conflitto europeo della guerra di successione spagnola.
Era un personaggio scomodo, che applicava il diritto canonico senza sconti, inimicandosi ben presto la nobiltà casalese, come quando intervenne per proibire la scandalosa abitudine delle nobildonne della città che interrompevano la clausura dei conventi per fare la questua e pagare i predicatori in periodo quaresimale. Scomunicò il conte Nemours di Frassinello per una disputa sorta durante la processione del Corpus Domini e fece abbattere la porta dell’abbazia di Grazzano perché i canonici impedivano che si svolgesse la visita pastorale. Non esitò a fronteggiare il duca Vittorio Amedeo II di Savoia, subentrato nel 1706 ai duchi di Mantova nel controllo del marchesato per tutelare i territori sotto la sua giurisdizione.
Il Radicati venne largamente fatto spiare dalla corte sabauda allo scopo di trovare un pretesto per destituire questo vescovo curialista, filogesuita, sempre schierato dalla parte del papato, in un’epoca in cui prevalevano le posizioni giurisdizionaliste che mirava ad affermare l’autorità laica su quella ecclesiastica.
A seguito dei continui dissensi giurisdizionali con la corte sabauda, papa Benedetto XIII provvide infine a trasferire, nel 1727, il prelato a Osimo, nel Piceno, dove morirà 17 mesi dopo.