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Cocconato: un rito di oltre 300 anni in omaggio ai santi patroni

Ostensione della seicentesca urna contenente le reliquie dei patroni
In occasione della festa patronale si è ripetuto il plurisecolare rituale dell’ostensione della seicentesca urna (foto) contenente le reliquie dei patroni, portata all’altare dal parroco e dal sindaco. È dal 1663 che i santi Fausto e Felice sono patroni di Cocconato: in quell’anno anno infatti furono recuperate a Roma le loro reliquie, per espressa volontà del consiglio comunale.
Cocconato, così come numerosi altri paesi monferrini e piemontesi, era arrivato sino al cuore dell’epoca moderna senza avere un proprio particolare protettore. La ricerca di nuove reliquie prese avvio il 26 febbraio 1663, quando i consiglieri comunali si riunirono per approvare un ordinato con cui «propongano che stata questa Comunità persuasa a mandar pigliar in Roma qualche reliquia come sarebbe il cappo di qualche Santo ad elletione et devotione di questo luogo».
La ricerca delle reliquie di un nuovo patrono procedevano parallelamente all’edificazione di una nuova chiesa parrocchiale di Santa Maria della Consolazione e rientrava in un più ampio bisogno di protezione sacrale, particolarmente sentito dalla comunità in quegli anni di carestia e miseria. Gli amministratori di Cocconato per ottenere la reliquia guardarono non alla lontana sede vescovile di Vercelli bensì a Torino, rivolgendosi al conte di Strambino, mediatore di reliquie. Le reliquie destinate a Cocconato provenivano dalle catacombe romane di San Callisto e furono ritirate a Roma il 30 marzo 1663 da un delegato del conte San Martino e arrivarono a Torino. Il consigliere comunale Agostino Fusano ebbe l’importante incarico di ritirarle il 5 giugno.
Nell’occasione il Comune fece realizzare una teca lignea dorata. Quella che attualmente custodisce i resti ossei dei due santi patroni probabilmente non è l’originale seicentesco, ma una rifacimento successivo del Sette-Ottocento. La teca-reliquiario è conservata all’interno dell’altar maggiore della parrocchiale. All’interno la teca, contiene due ossa, avvolte ciascuna da un foglio di carta recante i nomi dei due santi stretto sulla reliquia con nastri di raso, il tutto chiuso da sigilli in ceralacca. Del perché i patroni fossero una coppia di santi e non uno solo è rimasto un mistero.
La loro duplice identità venne senz’altro in luce nel momento in cui le reliquie arrivarono a Torino, accompagnate dall’autentica che ne recava appunto i due nomi: sono palesemente appellativi aggettivali, segno eloquente che si trattava non già di santi con «nome proprio», come avevano espressamente richiesto i consiglieri della comunità cocconatese, bensì due «santi battezzati». Erano cioè parte delle moltissime ossa estratte dalle catacombe dell’Urbe, a cui un incaricato della Curia romana assegnava di volta in volta un nuovo nome che richiamava qualità dell’animo umano che dovevano servire di modello e di sprone per il popolo dei devoti. Fausto e Felice non sono quindi i nomi autentici di due persone realmente esistite, né tanto più quelli di due santi martiri, ma nomi immaginifici attribuiti da qualche ecclesiastico a ciò incaricato nella Roma barocca.

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