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Attualità

Coronavirus, Italia e Francia a confronto sull’allarmismo

Intervista al dottor Luca Pio, canellese, presidente dei giovani pediatri europei. Vive e lavora a Parigi e racconta come viene affrontato il coronavirus in Francia

Intervista al chirurgo infantile Luca Pio

«Se vengo in Italia in una delle regioni contagiate dal virus, al rientro dovrò andare in isolamento per quattordici giorni». Il Covid-19 per gli italiani all’estero è anche questo. Lo conferma Luca Pio, canellese, chirurgo infantile all’Hopital Debrè di Parigi, uno dei più grandi d’Europa, e presidente dell’Associazione europea giovani chirurghi pediatrici. Le frontiere tra Francia e Italia del Nord, per lui come per migliaia di connazionali, sono off limits. «Eccesso di zelo? Può darsi, ma tant’è e dobbiamo adeguarci. Soprattutto per chi come me lavora in ospedale».

Luca Pio

Com’è la situazione in Francia?
E’ primo pomeriggio e sto tornando a casa dopo aver terminato il turno di notte in ospedale. Ebbene, Parigi è piena di turisti e di gente per le strade. I supermercati sono affollati ma non c’è accaparramento di cibo. I negozi sono aperti regolarmente come bar e ristoranti. Nessuno ha la mascherina. Il clima è sereno. C’è fiducia, si respira un senso di tranquillità.
Vuol dire che non c’è paura del contagio o cos’altro?
Voglio dire che il coronavirus certamente arriverà anche in Francia, forse è già arrivato, ma l’informazione è gestita con una comunicazione senza allarmismi ingiustificati. La gente deve essere informata bene su ciò che deve fare e le misure preventive da intraprendere, senza troppi sensazionalismi. Comprendo, comunque, che non ci siamo mai trovati di fronte ad un’epidemia così generalizzata e che non è sempre facile gestire le emergenze.
Un virus subdolo, dicono gli esperti. Come si combatte?
Va detto, anzitutto, che le normali mascherine non proteggono chi è sano bensì possono evitare la trasmissione del virus della persona che già ne è contagiata. Non è cosa da poco, ma nessuno sa preventivamente di essere o meno contagiato. Le uniche mascherine utili a non contrarre l’infezione sono quelle che noi chiamiamo “a becco d’oca” usate per i malati di tubercolosi, che non si trovano in commercio. Ciò detto, occorre rispettare alcune semplici e fondamentali regole.
Quali?
Se si accusano sintomi di influenza, febbre, tosse e raffreddore è necessario rimanere in casa evitando il contatto esterno. Ovviamente ci sono protocolli emanati dal Ministero a cui attenersi. Poi, lavarsi le mani, rimanere a distanza e quanto già si deve fare normalmente. La paura incontrollata non porta da nessuna parte.
Quali sono le categorie più a rischio?
Detto che la mortalità è contenuta, i soggetti che devono prestare maggiore attenzione sono coloro con immunodeficienze conclamate o con serie patologie soprattutto in età avanzata. E’ questa la fascia di popolazione che più deve essere monitorata, protetta e seguita.
L’epidemia colpirà anche i bambini?
Recenti studi hanno chiarito che i sintomi si manifestano in modo lieve sui bambini o, comunque, in età inferiore ai 19 anni. Al momento sono pochissimi i casi di contagio pediatrico.
Il coronavirus è destinato a dilagare?
Si tratta di un’epidemia, dunque è probabile. Ma non bisogna perdere di vista l’aspetto dell’informazione, che deve essere precisa ma mai allarmistica. Occorre dare le giuste notizie e i consigli corretti evitando che si sparga la paura. Ripeto, è necessaria attenzione ma senza eccessi che non portano da nessuna parte.

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