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Sperati Silvana
Attualità
Scuola

“Così si insegna ai bambini a pensare attraverso il fare”

Avviato dal Primo circolo didattico il corso di formazione per maestri di scuola materna ed elementare basato sul metodo dell’artista Bruno Munari

Insegnare a pensare attraverso il fare, a sperimentare per imparare.
Sono alcuni dei concetti di fondo del metodo Munari, ascritto all’artista e designer milanese Bruno Munari (1907 – 1998), al centro di un corso di formazione per insegnanti promosso dal Primo circolo didattico. Aperto ad insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria di tutta Italia, è cominciato lo scorso 16 aprile. In programma fino a metà giugno, è intitolato “Fare per imparare. Elementi di base del metodo Bruno Munari”.
Relatrice è Silvana Sperati, già maestra di scuola dell’infanzia in provincia di Pavia e presidente dell’associazione Bruno Munari. A fondarla, nel 2001, Alberto Munari, figlio dell’artista e professore di Psicologia dell’apprendimento all’Università di Padova. Già direttore dell’Unità di Psicologia e Risorse Umane dell’Università di Ginevra, ha collaborato con Jean Piaget (1896 – 1980), lo psicologo svizzero noto per aver studiato i processi di apprendimento del bambino.

L’artista e il metodo

Bruno Munari

Ma come mai la figura dell’artista è legata alla pedagogia e alla didattica? «Il metodo – sottolinea Silvana Sperati – è basato sull’approccio che Bruno Munari, uno dei più grandi artisti e designer del Novecento, ha riservato all’infanzia. Un approccio partito dal 1977, quando l’allora soprintendente della Pinacoteca di Brera, Franco Russoli, chiese a Munari un progetto per rendere lo spazio espositivo “un organismo vivo”. Munari propose, allora, il laboratorio per bambini “Giocare con l’arte”, nella fortissima convinzione che i più piccoli “sono il futuro”. Una visione che diventò preponderante nella seconda parte della sua vita professionale, ma che attingeva da esperienze pregresse. Ad esempio, nel 1945 Munari costruì (uso questo termine perché lo fece concretamente) una collezione di libri per bambini che consentivano un’esperienza tattile, essendo dotati di buchi, finestrelle da aprire, realizzati con materiali diversi. Poi, nei primi anni Cinquanta, realizzò il primo giocattolo interattivo, richiestogli dall’industria del tempo, ovvero la Scimmietta Zizì, in gommapiuma ma con un’armatura interna in fil di ferro che ne consentiva la manipolazione. E ancora, nel 1968, dalla collaborazione con Giovanni Belgrano nacque il gioco visivo “Più e meno”, composto da 72 carte con diverse immagini. Molte di queste erano su fondi trasparenti, così da poterle sovrapporre per comporre altre immagini più complesse, stimolando le capacità creative del bambino. Da qui uno dei concetti alla base del metodo: il bambino apprende attraverso la sua azione».

I concetti base

A questo proposito Silvana Sperati fa un esempio relativo alla didattica dell’arte proposta da Bruno Munari in diverse sedi museali, in Italia e all’estero. «Prima di visitare una mostra d’arte – continua – è fondamentale che il bambino partecipi ad un laboratorio per sperimentare la tecnica adottata dall’artista in questione. In questo modo, quando ammirerà le opere, avrà una sensibilità diversa perché ne conoscerà il linguaggio. E’ molto limitante indurre il bambino semplicemente a ricopiare un’opera d’arte vista in un museo».
Munari era infatti convinto che l’arte dovesse essere insegnata alla luce di due parole chiave – sperimentazione e ricerca – che possono peraltro essere applicate anche in altre materie di studio.
Da qui la nascita di alcuni principi alla base del metodo: l’importanza del processo e non del prodotto, stimolando il bambino ad osservare la sua stessa azione. E la necessità di dare spazio alla creatività, che evita modelli unici e favorisce la sperimentazione. «Ad esempio – continua – secondo questo metodo la maestra non dovrebbe dire  ai bambini di quale colore fare il cielo o il tronco degli alberi in un disegno, perché questo mina la possibilità di osservare le sfumature e le differenze. Infatti il cielo non è sempre azzurro, non lo è al tramonto, quando piove o di notte. Così come il tronco degli alberi non è sempre marrone, perché dipende dalla specie che si vuole disegnare. E anche quando si decide in classe di realizzare un oggetto o un disegno da regalare i familiari, è bene che ogni bambino sia lasciato libero di esprimere la propria personalità, senza seguire un modello uguale per tutti».

Il corso

Il corso, quindi, vuole stimolare i docenti e sperimentare questo metodo per insegnare ai bambini a pensare attraverso il fare, cercando al contempo di capire quali sono gli strumenti, le attività, le proposte, gli spazi che possono favorire tutto ciò. «Certo – conclude – non è semplice e nemmeno immediato. Sono necessari tempo, perseveranza e fiducia, oltre che la comprensione de parte dei genitori della bontà del metodo. Ma, quando lo si mette in pratica, garantisce una grande soddisfazione».

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