Intervista al neo assessore ai servizi sociali, volontariato e sanità Mariangela Cotto
Tra tutti gli assessori chiamati a formare la nuova giunta comunale, Mariangela Cotto è il nome che spicca maggiormente per esperienza, ma anche quello che ha sorpreso di più avendo lei stessa dichiarato, non troppi mesi fa, di non essere più interessata a incarichi politici di primo piano. Ex assessore alle politiche regionali sotto la giunta Ghigo, già consigliere comunale e provinciale, Cotto è tornata ad occuparsi – anche se in realtà lo ha sempre fatto da cittadina, prima che da amministratrice – di servizi sociali, volontariato e sanità.
Aveva detto che non avrebbe avuto incarichi di Giunta, ma alla fine eccola in prima linea e nel settore più delicato e difficile. Come l’hanno convinta a cambiare idea?
Ero davvero convinta di non accettare più incarichi, ma in tanti hanno fatto un appello alla mia esperienza nei servizi sociali dicendomi che era necessario un assessore già pratico del settore. Non ho potuto dire di no, ma ho subito chiarito che l’avrei fatto gratuitamente.
Le politiche sociali sono molto complicate e lei, da ex assessore regionale, lo sa molto bene. Come considera la situazione attuale di Asti?
Ad Asti sono aumentati i poveri perché è diminuito il lavoro, il vero problema sia per i giovani, sia per chi lo perde, perché rischia così di perdere anche la casa. Ci sono però altri problemi come la presenza di tantissimi minorenni stranieri, non accompagnati, la cui gestione ricade sul Comune. Abbiamo tante persone fragili di cui dobbiamo interessarci per non emarginarle, ma se pensiamo alla situazione dei profughi dobbiamo anche pensare che, quando e se otterranno lo status di rifugiati, graveranno anche loro sui servizi sociali. In ogni caso è il lavoro la priorità e il primo impegno di questa giunta.
Molti cittadini si rivolgono ai servizi sociali per chiedere aiuto, ma certe volte pretendono risposte immediate, anche quando non ne avrebbero titolo. E’ ancora possibile aiutare tutti, subito e sempre?
Il Comune investe molto nelle politiche sociali, ma i cittadini devono tenere conto che esistono delle priorità e che, spesso, ci sono servizi gestiti da terzi che rappresentano la soluzione ai loro problemi. Mi riferisco al mondo del volontariato che può arrivare dove il Comune non può garantire operatori sociali, oppure a realtà private come quei supermercati o negozi che consegnano la spesa a domicilio. Ha senso che delle oss, anche anziane, si debbano caricare della spesa per i loro pazienti quando lo stesso servizio potrebbe essere chiesto direttamente al negozio? Il Comune deve far conoscere queste possibilità anche organizzando incontri pubblici.
Resta il fatto che chi si rivolge ai servizi sociali quasi sempre considera il suo caso come il più grave.
Io sono per dare equità nelle risposte e non solo a chi urla più forte. Ho detto in pubblico che non riceverò direttamente i cittadini perché ci sono gli uffici che sanno dare le risposte del caso in base alla programmazione. Poi, se mi saranno sottoposti eventuali casi, valuterò cosa fare.
Tra i suoi primi casi c’è stato lo sgombero della palazzina di strada Fortino, una situazione critica durata a lungo, ma non l’unica. Cosa ha fatto il Comune per le famiglie mandate via?
Innanzitutto il Comune aveva già trovato una sistemazione a quattro delle sette famiglie occupanti, ma per queste ultime tre abbiamo disposto il trasferimento di donne e bambini in una comunità mentre gli uomini hanno trovato posto al dormitorio maschile.
Molte altre famiglie rischiano di fare la stessa fine e per questo si cerca di far partire progetti di social housing, tenuto conto che l’ATC non ha più soldi per costruire nuove case popolari.
Sul social housing c’è un progetto nel piano delle periferie e qualcosa nascerà, ma torniamo quindi al discorso del lavoro che resta prioritario. Spero di poter allestire anche un dormitorio femminile perché ad Asti manca.
In città ci sono tanti anziani, molti vivono soli e, qualche volta, cadono vittime dei soliti truffatori porta a porta. Lei ha sempre avuto un atteggiamento inclusivo verso le fasce più deboli, ma non solo in termini di assistenza. Cosa vorrebbe fare per questi cittadini?
Ho voluto dare dignità alla delega del volontariato anche per contrastare con più incisività la solitudine degli anziani. Ho in mente di creare una banca del tempo e chiamerò cittadini volenterosi, pensionati e non, per dare una mano in qualche settore. Poi voglio organizzare feste tra vicini di casa, sullo stile di quelle che fanno con successo in Francia. Non mi invento nulla, ma propongo idee interessanti da mettere in pratica anche ad Asti.
Poi ci sono i giovani, le famiglie con bambini, una categoria che non necessariamente dovrebbero avere a che fare con i servizi sociali solo per le emergenze.
Con loro voglio interagire grazie alla delega alla Sanità che non serve solo a difendere l’ospedale e salvaguardarne l’operatività. Vorrei coinvolgere la cittadinanza, a cominciare dalle giovani coppie con figli, organizzando per loro incontri con i medici in un discorso di formazione e alimentazione, ad esempio per limitare l’obesità nei bambini. Poi svilupperò il discorso sulle adozioni perché ci sono tante coppie che vorrebbero avere un figlio, anche in affido, ma trovano davvero troppe difficoltà. Seguirò il discorso sull’adolescenza e prioritario sarà il contrasto al bullismo.
E per quanto riguarda l’ospedale?
Il sindaco è la prima autorità in materia sanitaria e quindi realtà come le politiche sociali e il Sert è bene che dialoghino. Ma il Comune deve interessarsi anche alle criticità che registriamo al pronto soccorso, o nel reparto di ortopedia dove per la carenza di ortopedici o anestesisti si registrano tempi di attesa lunghi, certe volte anche per un’operazione al femore.
Lei ha appena avviato un monitoraggio su chi chiede l’elemosina in strada. Qual è lo scopo?
Io non voglio proibire di chiedere l’elemosina, ma voglio sapere se qualcuno fa parte di un racket, oppure se la chiede, ma non ne ha bisogno. Un punto è sicuro: se hai necessità ti prendo in carico ai servizi sociali, ma se non ne hai, o sfrutti la solidarietà o se sei tu stesso sfruttato, lo voglio sapere.
In effetti l’accattonaggio potrebbe anche diventare un business per qualcuno. Per molti il business del momento è però quello sull’accoglienza dei richiedenti asilo.
Sì, c’è il business dell’accoglienza e posso dire che nei primi tre giorni da assessore ho ricevuto tre telefonate da altrettanti proprietari di case vuote, due in frazione e una in città, interessati ad affittarle alle cooperative. Di certo parlerò col prefetto per chiedergli come bloccare queste domande perché io non parto dai contenitori, ma delle persone.
Riccardo Santagati