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Robiola DOP Roccaverano
Attualità

Crisi della Robiola di Roccaverano dop, un indotto da 2 milioni di euro

Le proposte di Coldiretti e Cia per arginare il rischio di dover distruggere quintali di prodotto e far chiudere allevamenti e laboratori caseari

Vendevano soprattutto a ristoranti, osterie e mercatini ora chiusi

Il grido d’allarme arriva da Roccaverano, il comune che con i suoi 759 metri di altitudine svetta sulla Langa Astigiana. Sulla piazza del paese, sopra la cupola della chiesa bramantesca dove si incrociano i venti che arrivano dalla montagna e dal mare, non c’è nessuno. Ma il lamento, nelle stalle come nei piccoli caseifici artigianali, è unanime: crisi. Lo è per la Robiola di Roccaverano e la Toma Piemontese, i due formaggi a denominazione di origine protetta dell’astigiano. Le vendite, da quando la lotta al coronavirus ha chiuso gran parte delle attibità commerciali, sono crollate. Negozi specializzati, ristoranti, osterie, mercatini tradizionali sbocchi delle produzioni casearie d’eccellenza hanno abbassato le saracinesche. E la filiera è andata in crisi.

Richiesto sostegno economico

Per sostenere un comparto che, su queste colline, fattura oltre 2 milioni di euro rappresentando il vero sbocco economico per tante famiglie, sono entrate in gioco le associazioni di categoria con un ventaglio di proposte avanzate alla Regione. «E’ un momento particolare e difficile – dice Diego Furia, direttore di Coldiretti Asti – per il comparto lattiero-caseario. Queste piccole produzioni di alta qualità caratterizzano i nostri territori collinari altrimenti disabitati. Per questo abbiamo chiesto alla Regione che le produzioni Dop di tutto il Piemonte possano rientrare tra quelle da sostenere mediante aiuti commerciali e di filiera. Abbiamo, inoltre, sollecitato la Regione affinché si interfacci direttamente con la grande distribuzione piemontese per incentivare l’acquisto di prodotti Made in Piemonte in modo da incentivare l’economia del nostro territorio, ancor più in un momento così delicato».

«Vengano distribuite nelle mense di caserme, ospedali, case di riposo»

Alessandro Durando, presidente di Cia Asti e vice presidente di Cia Piemonte, è categorico. «E’ indispensabile attivare una strategia per scongiurare la distruzione del prodotto e assicurare la continuità stessa delle aziende. Il prodotto, con l’intervento della Regione, potrebbe essere distribuito nelle mense delle caserme, degli ospedali, delle case di riposo – suggerisce Garbarino -. Pensiamo anche ad un accordo con la grande distribuzione che si impegni ad acquistare partite di prodotto da proporre ai consumatori ad un prezzo “politico”. In Francia sono molto diffusi gli accordi tra parte agricola e parte industriale, supportati dall’ente pubblico. E’ il momento di avere un po’ di coraggio anche in Italia». Confermando che «ci siamo fatti portavoce del problema con l’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopata, che si è già dimostrato attento e sensibile alle esigenze del nostro mondo. Ci stiamo attivando per un tavolo di crisi specifico sul settore ovi-caprino, come è già stato fatto per il latte vaccino».

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