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Dal semaforo verde al cartello giusto: quando la psicologia guida la sicurezza sul lavoro

Benedetta Bosio, laureata in Scienze delle tecniche psicologiche all’Università di Genova, porta la teoria del Nudge nella sicurezza sul lavoro: meno imposizioni, più consapevolezza

La giovane astigiana Benedetta Bosia, neolaureata all’Università di Genova in Scienze delle tecniche psicologiche, ha dedicato la sua tesi triennale a un tema tanto attuale quanto concreto: l’applicazione della Teoria del Nudge per promuovere l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI).
La ricerca, presentata in occasione della conferenza della 75ª Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, affronta un problema reale: nonostante le norme e la consapevolezza dei rischi, molti lavoratori faticano ad adottare comportamenti sicuri. Da qui l’idea di sperimentare le “spinte gentili” del Nudge, un approccio che agisce sui meccanismi automatici delle decisioni, aiutando a scegliere la sicurezza senza imposizioni o sanzioni.

«Un interesse nato per curiosità personale»

«Ammetto che la mia scelta è nata da un interesse personale», racconta Benedetta con semplicità. «È una teoria che mi ha sempre incuriosita, anche prima di conoscerne il nome. Mi piaceva osservare come piccoli cambiamenti nell’ambiente possano influenzare le scelte delle persone. Durante il corso di psicologia del lavoro ho scoperto che tutto questo aveva una base scientifica: la Teoria del Nudge. Da lì è scattata la scintilla».

Fondamentale, nel percorso, è stato anche l’incontro con il suo relatore Fabrizio Bracco: «Era particolarmente interessato al tema della sicurezza, dopo anni di formazione all’INAIL. Così abbiamo unito i nostri interessi: io volevo approfondire gli aspetti comportamentali, lui portava un forte bagaglio di conoscenze sulla sicurezza sul lavoro. È nata una collaborazione stimolante, in cui la teoria ha incontrato la pratica».

Il contatto con l’ANMIL e con la sua presidente ha rafforzato il legame con la realtà concreta della prevenzione: «Conoscevo la presidente e la sua storia personale, che mi ha colpita molto. Studiare il suo percorso e parlarne durante la tesi è stato illuminante. Mi ha fatto capire che dietro ogni regola di sicurezza ci sono persone e vite, non solo numeri».

Cos’è la “spinta gentile”

La Teoria del Nudge (letteralmente “spinta gentile”) parte da un’idea tanto semplice quanto potente: orientare i comportamenti positivi senza obbligare, ma facilitando la scelta giusta.
«Si basa su stimoli ambientali molto semplici come colori, immagini o frasi che influenzano inconsciamente le decisioni», spiega Benedetta.
«A livello psicologico, i nudge dialogano con il sistema automatico della mente, quello che ci fa agire d’istinto, mentre il sistema razionale entra in gioco solo in un secondo momento. La teoria sfrutta le euristiche, cioè scorciatoie mentali che usiamo per interpretare la realtà in modo rapido. Le “spinte gentili” attivano queste scorciatoie, ma orientandole verso scelte utili al benessere e alla sicurezza.»

Dal reparto ospedaliero al cantiere: tre casi concreti

Per dimostrare l’efficacia della teoria, Benedetta ha analizzato tre aziende appartenenti a settori molto diversi: sanitario, siderurgico ed edilizio, di cui una italiana e due straniere.
«L’obiettivo era capire se il Nudge potesse funzionare in contesti differenti, anche a livello culturale», spiega.

Nel settore sanitario, l’ospedale San Giovanni Bosco di Torino ha adottato un poster con la frase: “Più ti lavi le mani, meno infezioni ci sono.”
Un messaggio diretto, che valorizza l’azione positiva e richiama implicitamente la figura dell’operatore ideale: «Ha funzionato perché associa un vantaggio immediato a un gesto quotidiano, rafforzando l’identità professionale di chi si prende cura degli altri.»

Nel settore siderurgico, è stato introdotto un pannello digitale posizionato all’ingresso:
«Chiedeva ai lavoratori se indossassero il DPI necessario. Se rispondevano “sì”, appariva il numero di colleghi che avevano fatto la stessa scelta: un modo per creare senso di gruppo e imitazione positiva. Se rispondevano “no”, il pannello li invitava semplicemente a farlo, senza giudizio. Anche qui la chiave è la gentilezza: non si impone, si invita.»

Nel settore edilizio, infine, i nudge erano visivi:
«Si è lavorato sull’ambiente fisico, evidenziando i rischi con colori accesi, luci a LED e segnali lampeggianti. L’obiettivo era rendere i pericoli più visibili, ricordando ai lavoratori di proteggersi. È un modo per rendere la sicurezza tangibile, concreta, mai astratta.»

Il modello MINDSPACE

Per analizzare in modo sistematico le spinte gentili, Benedetta ha adottato il modello MINDSPACE, elaborato dal governo britannico come strumento di riferimento per le politiche comportamentali.
«È come un manuale dei possibili nudge», racconta. «Ogni lettera rappresenta una categoria di intervento. Ad esempio, la “M” di Messenger si riferisce a chi comunica il messaggio: la sua credibilità conta più del contenuto stesso. Un messaggio è più efficace se arriva da una persona percepita come simile o autorevole. 

«Funziona, in ogni settore e in ogni Paese»

«In tutte le aziende analizzate si è registrato un aumento nell’uso dei dispositivi di protezione», racconta Benedetta.
«Ma la cosa più sorprendente è stata scoprire che la teoria del Nudge funziona ovunque, indipendentemente dal contesto o dal Paese. Un’azienda era italiana, le altre due straniere, eppure i risultati erano simili. Significa che i meccanismi psicologici di base sono universali. La sicurezza, dopotutto, è un linguaggio che tutti comprendiamo.»

Uno sguardo al futuro

Oggi Benedetta prosegue i suoi studi con la laurea magistrale in Scienze del corpo e della mente all’Università di Torino.
«La magistrale è più orientata alle neuroscienze, ma non escludo di tornare su questo tema. In fondo, anche le neuroscienze studiano i meccanismi decisionali, e potrebbero integrarsi perfettamente con la teoria del Nudge per sviluppare strategie ancora più efficaci in ambito di sicurezza.»

La tesi di Benedetta è un piccolo esempio di come la psicologia possa avere un impatto concreto sulla vita quotidiana e persino salvare vite, trasformando la prevenzione in un gesto naturale.
Come lei stessa afferma: «A volte basta una spinta gentile per fare la scelta giusta. E quella scelta può davvero fare la differenza.»



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