E’ la stagione del carciofo
Anche questa settimana Sistema Monferrato vi accompagna in un viaggio lungo le antiche vie romane alla scoperta di tante “storie di bellezza” tra Monferrato, Lomellina e Riviera. Questa volta parleremo di uno dei prodotti dell’agricoltura più tipici della stagione, il carciofo! Ottimo da gustare in una semplice insalata oppure al centro di prelibati piatti cucinati da grandi chef.
Il carciofo spinoso
Iniziamo dal carciofo spinoso di Albenga, una varietà di Cynara scolymus coltivato nella Piana della città ligure. È conosciuto anche con il nome di violetto di Albenga. La specie del carciofo è tipica del bacino Mediterraneo che poi è stata diffusa in tutto il mondo. Di questa coltura si hanno testimonianze anche importanti, come l’incaricato da parte del governo francese, il conte Gilbert Chabrol de Volvic che inviava a Napoleone Bonaparte le relazioni nelle quali parlava delle colture nel savonese citando anche il carciofo tra le principali produzioni. Sul finire del XIX scolo Stefano Jacvini scriveva: «…i carciofi ed i cavoli-fiore primaticci sono oggetto di esportazione, ma in quantità non considerevole. Fra i preferiti sono i carciofi di San Remo, Ripa Ligure, Albenga, Savona, Varazze, Pietra Ligure, del Chiavarese, di Spotorno, Arenzano, Prà, di dove se ne esportano vagoni interi>>.
I terreni più adatti quelli collinari
I terreni migliori per la coltivazione sono quelli collinari o pianeggianti, con microclimi miti, mal sopportano le basse temperature, soprattutto se in periodo di frutto; La pianta preferisce i terreni freschi e ben drenati ma si adatta anche a terreni con pietrisco e diversa composizione granulometrica.Altra qualità di carciofo che sta riscoprendo l’attenzione dei gourmet è il carciofo della Valtiglione (Cynara cardunculus var. scolymus), conosciuto anche come carciofo del sorì. E’ un carciofo con capolini ovoidali allungati con una leggera depressione sulla parte apicale. Il nome dialettale si riferisce all’ambiente di coltivazione: il sorì ovvero il versante collinare esposto al sole, dove solitamente si coltivano le vigne migliori, un habitat ideale per questo carciofo, al riparo dalle gelate invernali.
Le prime testimonianze scritte
Le testimonianze scritte più antiche di questa coltivazione risalgono al XVII secolo quando, nella “Relazione dello stato presente di Piemonte” di Francesco Agostino Della Chiesa, l’area astigiana veniva citato come territorio di produzione dei carchiofoli, insieme a cardo e asparagi. La coltivazione ebbe la massima diffusione negli anni Cinquanta del Novecento, seguita da un netto declino nei decenni successivi, a causa della sua raccolta tardiva rispetto ad altre varietà provenienti da regioni più meridionali. Il carciofo della Valtiglione arrivava infatti sul mercato quando i prezzi erano troppo bassi per garantire una buona redditività.
Riscoperta della varietà tardiva
Oggi, finalmente, questa varietà tardiva è in fase di riscoperta e valorizzazione. Gli usi in cucina sono molteplici: dalla conservazione sott’olio alla frittura o al condimento di risotti, ma per esaltare al meglio le sue proprietà organolettiche andrebbe consumato crudo. Il carciofo di Valtiglione si abbina benissimo anche a vini rossi.
Il carciofo di Perinaldo
Torniamo in Liguria e scopriamo un’altra chicca, il carciofo di Perinaldo! Questo Carciofo è un Presidio Slow Food ha il capolino violetto, non presenta spine ed è molto tenero. Al suo interno non presenta la classica “barba”, cresce tra i 400 e i 600 metri di altitudine. La tradizione ci racconta che questo carciofo sia importato dalla vicina Provenza e acclimatatosi egregiamente in questa zona. Si tratta del “violet francese” introdotto, secondo la leggenda, dallo stesso Napoleone Bonaparte. Pare che durante la Campagna d’Italia del 1796, dopo una sosta presso una nobile famiglia di Perinaldo, appreso che in zona non si conoscevano gli ottimi carciofi violetti coltivati nella vicina Provenza, Napoleone abbia fatto dono di alcuni piantine ai perinaldesi. Questo carciofo è il protagonista assoluto di alcune ricette tradizionali locali come le frittatine, al forno con parmigiano e funghi, o in semplici frittelle con aglio e prezzemolo.