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Intervista

Don Italo Francalanci: «In Brasile laici e diaconi rappresentano una grande risorsa»

Dopo 12 anni nel Paese sudamericano come sacerdote fidei donum, l’ex parrocco di Nostra Signora di Lourdes è ospite nella parrocchia del Sacro Cuore e si dedica principalmente agli studi

E’ ospite nella parrocchia del Sacro Cuore don Italo Francalanci, 65 anni, parroco di N. S. di Lourdes fino al 2013. E’ infatti tornato ad Asti dopo aver svolto un lungo periodo in Brasile da sacerdote fidei donum, cioè missionario diocesano (e non religioso).
Don Francalanci, quanto è rimasto in Brasile?
Sono rimasto 12 anni, il massimo in base alle regole in vigore fino a poco tempo fa, quando per i sacerdoti fidei donum era consentito un periodo missionario di un triennio rinnovabile quattro volte. Attualmente, invece, la Cei (Conferenza episcopale italiana) l’ha ridotto fino ad un massimo di 9 anni.
Dove ha vissuto?
Sono stato inviato nella diocesi di Juina, gemellata con quella di Asti. Per dieci anni e mezzo ho ricoperto l’incarico di rettore del seminario maggiore della diocesi, collocato nell’arcidiocesi di Cuiabà, nella città di Varzea Grande.
Poi, su richiesta del vescovo di Juina, sono stato impegnato nella cattedrale della diocesi, che sovrintende venti comunità, ognuna delle quali dispone di una cappella.
Chi sarà il suo successore in Brasile?
Non so se ci sarà un successore. Le diocesi del Piemonte, insieme, esprimeranno un missionario che, però, dovrebbe essere mandato in Africa.
Lei, da cittadino italo-brasiliano, aveva da tempo il desiderio di raggiungere il paese di origine di un ramo della sua famiglia…
Sì, da tantissimi anni. Finalmente nel 2013 il sogno si è avverato.

La Chiesa in Brasile

Quale Chiesa ha trovato nel Paese sudamericano?
Ho notato che la partecipazione dei fedeli è elevata e, soprattutto, che i laici e i diaconi rappresentano veramente una risorsa.
I primi sono molto impegnati e i diaconi sono decisamente attivi, ricoprendo ruoli che vanno dalla distribuzione dell’eucarestia alla celebrazione dei battesimi. Ciò che accomuna i due differenti incarichi è l’autonomia nel solco delle istruzioni ricevute, per cui, se per qualche motivo manca il sacerdote, tutto funziona regolarmente. Nella nostra realtà, invece, questa autonomia non è ancora presente.
Mi fa piacere che la valorizzazione del laicato sia stata inserita dal vescovo Marco Prastaro negli orientamenti pastorali, ma penso che la Chiesa italiana debba fare un passo in più e coinvolgere in questo processo anche i diaconi.
A questo proposito com’è la situazione in Brasile?
Fino a pochi anni fa i sacerdoti incardinati nella diocesi di Juina erano pochi. Ora la situazione sta migliorando, anche perché stanno perdendo quota nel Paese alcune sette protestanti che in passato avevano avuto molto seguito.
Quali sono ora i suoi impegni?
Sono ospite al Sacro Cuore dove aiuto nelle celebrazioni e nelle confessioni. Al parroco don Rodrigo Limeira sono legato da un’amicizia fraterna in quanto sono stato io ad avergli proposto di frequentare il seminario ad Asti, insieme a don Hilton Boaventura. Ci eravamo conosciuti in Brasile quando, da parroco ad Asti, dedicavo le mie vacanze estive ad andare ad aiutare la diocesi del Maranhão.
Detto ciò, fino a giugno il mio impegno principale sarà conseguire il dottorato in Teologia alla Pontificia università di San Tommaso d’Aquino e la laurea in Filosofia alla Pontificia Università della Santa Croce, tanto che sto compilando la tesi. Dopodiché il vescovo Prastaro mi assegnerà una parrocchia.

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