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Editoriale - Fatti troppi errori urbanistici inseguendo ipotetici benefici
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Editoriale – Fatti troppi errori urbanistici inseguendo ipotetici benefici

L’Astigiano è così bello che meriterebbe da solo il riconoscimento dell’UNESCO. Da anni sentiamo dire dagli amministratori che questa partita rappresenta una grande opportunità per la

L’Astigiano è così bello che meriterebbe da solo il riconoscimento dell’UNESCO. Da anni sentiamo dire dagli amministratori che questa partita rappresenta una grande opportunità per la promozione turistica della nostra provincia e che i vigneti, le colline, i boschi presenti nel nostro paesaggio sono indiscutibilmente un bene comune meritevole di essere preservato. Il progetto UNESCO si scontra però con la gestione ordinaria del territorio che, salvo vincoli imposti dall’alto, viene demandata alle amministrazioni comunali. Le casse sono però sempre più vuote e la strutturale carenza di fondi rischia di mettere gli amministratori nella poco piacevole posizione di fare delle scelte potenzialmente devastanti per l’ambiente che ci circonda. Una delle poche occasioni per “monetizzare” è data dagli oneri di urbanizzazione, ovvero dando la possibilità di costruire, quindi di consumare più o meno significative parti di territorio. Errori già commessi in passato sono davanti agli occhi di tutti e li vediamo attraversando le colline sotto forma di insediamenti industriali collocati nelle zone periferiche dei centri abitati. In questo tour spiccano le aree industriali che sono spuntate nei vari Comuni, magari una a poche centinaia di metri dell’altra, dove la cementificazione ha fatto danni che difficilmente potranno essere sanati. Qualcuno potrebbe contestare che una volta si faceva così perché era una prassi o perché c’era poca sensibilità ambientale. Poi, per fortuna, la sensibilità è cambiata ma nel momento in cui i Comuni hanno iniziato a vedersi diminuite le proprie capacità economiche. Svendere il territorio è diventata “una necessità” – o così viene raccontata – spesso per inseguire la promessa di importanti posti di lavoro (che francamente non si sono visti) o la chimera di chissà quale beneficio in termini di servizi (nuovi poli commerciali, nuovi distributori di benzina, nuovi insediamenti sportivi). Magari abbiamo pensato di più a quello che avremmo ottenuto invece che a ciò che si stava per perdere e questo è stato il primo indubbio errore di valutazione. Abbiamo costruito centri commerciali che attendono ancora di essere riempiti, abbiamo un numero di grandi contenitori vuoti di cui non sappiamo che farcene, decine di chilometri di ferrovie abbandonate a se stesse (con annessi ponti e stazioni), strade che non portano da nessuna parte e intere nuove zone industriali che stentano a decollare. Il boom edilizio è terminato da un bel po’ ma gli “scheletri” di cemento lasciati sui campi sono prove dell’indubbia azzardata gestione del territorio fatta fino ad oggi. Preservare quel che rimane del Paesaggio è la sola opportunità che ci resta per un futuro sostenibile e verso questo obiettivo bisogna convogliare tutti gli sforzi possibili senza perdere ulteriore tempo inseguendo nuove chimere post industriali.

Riccardo Santagati

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