Confagricoltura Piemonte chiede interventi urgenti per fermare i cinghiali
«L’eccessiva proliferazione della fauna selvatica e dei cinghiali in particolare non è più soltanto un problema dell’agricoltura, come denunciamo da tempo, ma un’emergenza ambientale e sociale. L’incidente sulla tangenziale di Alba, dove ha perso la vita un uomo di 59 anni, ci lascia sgomenti ma non increduli». Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, interviene sull’incidente mortale che si è verificato nella notte alle porte della capitale delle Langhe, chiedendo, ancora una volta, interventi urgenti, ricordando che in Piemonte si registrano oltre 1.100 incidenti stradali all’anno, documentati dalle forze dell’ordine, causati da cinghiali e caprioli. «È da tempo che denunciamo una situazione non più tollerabile, che sta diventando drammatica. Ci rivolgiamo nuovamente alle istituzioni, a ogni livello, perché s’impegnino responsabilmente e senza pregiudizi per giungere a un intervento risolutivo che ponga fine a questi disastri, nell’interesse di tutta la società».
Uncem: «Troppi danni per l’agricoltura e troppi incidenti sulle strade»
Sulla problematica interviene anche Uncem. «Siamo con Coldiretti e con le altre associazioni di categoria: i cinghiali sono troppi. Un’emergenza seria in Piemonte e non solo. Bene hanno fatto gli Assessori regionali alla Montagna Carosso e all’Agricoltura Protopapa a incontrare già nelle scorse settimane gli agricoltori e ad annunciare opportuni interventi. Servono risorse e precise strategie. L’incidente mortale sulla tangenziale di Alba è solo l’ultimo. Ma non sarà purtroppo l’ultimo. L’elenco è destinato ad allungarsi. Per questo occorre limitare la proliferazione in accordo con gli Ambiti territoriali di caccia, i comparti e le associazioni dei cacciatori. Uscire dalla contrapposizione tra animalisti e cacciatori è decisivo. A questo devono puntare le Istituzioni, in primis Regione. Per troppo tempo, nel cercare di risolvere il problema, le due parti si sono arroccate su posizioni opposte. Pensare a esche alimentari con sterilizzanti all’interno è un fronte di ricerca applicata attuale già sperimentato.
C’è poi un modo alternativo per tenere sotto controllo il numero di cinghiali, il cui incremento annuo arriva al 200 per cento con una popolazione talmente in espansione da sconfinare ormai in città. L’esempio virtuoso arriva dalla Val d’Ossola. Al lavoro c’è un team di ricercatori dell’Università della Svizzera italiana di Lugano e dallo Studio AlpVet. C’è un comprensorio alpino (l’Ossola Nord, 72 mila ettari) dove la caccia in battuta è vietata. Ma i cinghiali ci sono. E creano danni alle colture. Con un lavoro coordinato tra agricoltori, guardie provinciali e cacciatori, promosso fin dal 1996 dal tecnico faunistico Luca Rotelli, si sono ottenuti risultati straordinari di contenimento della specie, senza stragi indiscriminate di animali. Lo strumento è stata la caccia di selezione. È un tipo di attività venatoria del tutto diversa da quella che prevede la battuta. Si pratica in solitaria o insieme con un accompagnatore, senza cani e prevede il prelievo solo di capi con caratteristiche precise per sesso, età, eventuali problemi di salute, scelti sulla base di censimenti e piani faunistici. È lo stesso tipo di caccia che si pratica per il capriolo, il cervo e il camoscio. E per la quale i cacciatori devono seguire corsi con severi esami finali. A quel punto saranno in grado di individuare tutte le caratteristiche dell’animale prima di sparare. Si spara quando l’animale è fermo, a distanze anche notevoli, con un colpo solo e dopo aver osservato l’animale attraverso ottiche di precisione. Il rischio incidenti è, praticamente, zero. In Val d’Ossola il metodo ha portato alla creazione di una rete capillare di cacciatori volontari che hanno cominciato a collaborare con le forze di polizia per ridurre il numero di cinghiali e i loro danni».
L’assessore regionale Protopapa: «Serve un piano straordinario per l’incolumità delle persone»
«Da tempo sosteniamo che il contenimento della fauna selvatica non sia solo un problema di danno alle colture agricole, ma anche di rischio per la sicurezza umana – sottolinea l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Marco Protopapa – L’incidente pagato con il prezzo di una vita ha concretizzato in modo drammatico i nostri timori. È la conseguenza di anni di immobilismo in cui si è sottovalutata la situazione. Uno dei primi atti della Giunta a fine giugno, appena ci siamo insediati, è stato proprio lo sblocco del piano di contenimento fermo da tempo, ma non basta. Il presidente Cirio chiederà ai prefetti di tutto il territorio regionale di convocare una seduta del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica specifico su questo tema per affrontare il problema in modo più strutturale. Serve un piano di emergenza straordinario che ci permetta di contenere il fenomeno».