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Agricoltura

Emergenza cinghiali: la loro proliferazione danneggia anche i tartufi

Non accenna a diminuire la pressione dei selvatici sul territorio

Le brume autunnali non riescono a far scomparire l’emergenza cinghiali.
I più arrabbiati continuano ad essere gli agricoltori: dopo una primavera in cui hanno dovuto rinunciare ad interi campi di mais dopo una, due, tre semine sempre vanificate dal passaggio degli ungulati, si sono ritrovati nuovamente in crisi al momento della raccolta del mais.
Ghiotti di pannocchie, i cinghiali si sono largamente nutriti di granoturco abbattendo così nuovamente i redditi degli agricoltori.

Che sono stati erosi da un altro “effetto collaterale” sempre legato ai selvatici: per salvare i raccolti non ancora “toccati”, molti hanno deciso di anticipare la trebbiatura ma questo ha comportato la raccolta di una granella con ancora un alto indice di umidità che corrisponde ad un minor reddito e ad uno maggior ricorso a risorse energetiche per la sua essiccazione.

Su questi temi, il Comitato spontaneo COAARP sta continuando a tessere contatti per elaborare soluzioni condivise ed efficaci.
Ma c’è un’altra categoria che sta “soffrendo” per la proliferazione dei cinghiali sui nostri territori, ed è quella dei tartufai.

E’ ormai assodata una correlazione fra la presenza massiccia degli ungulati e una sensibile diminuzione di tartufi. E la persistente siccità di quest’anno non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Infatti, i cinghiali, alla ricerca di radici, cercano le zone più umide di fondovalle che sono le stesse delle piante tartufigene più pregiate. Seppure il cinghiale non “scavi” per cercare i tartufi, rovina lo strato micorrizato sia nella ricerca delle radici, sia compattandolo con il suo peso facendo perdere le capacità tartufigene di intere aree.
Va ricordato, poi, che la stessa pianta particolarmente vocata al tartufo, la quercia, è anche quella che produce i frutti di cui i cinghiali sono più ghiotti, ovvero le ghiande ed è dunque inevitabile che frequentino e calpestino le zone più micorrizate.

Lo confermano anche i tartufai che hanno iniziato la stagione della cerca e, più di uno, si sono trovati, nelle fresche mattine, a tu per tu con i cinghiali, tanto da temere per la loro incolumità.

Tutto questo fa permanere l’urgenza di una soluzione urgente della proliferazione dei cinghiali, anche causa di recenti incidenti stradali.
La Regione ha presentato le linee guida per il piano straordinario di abbattimento degli ungulati, ma non viene ritenuto idoneo da molte voci agricole. Soprattutto perchè punta ad un allargamento del periodo di caccia e sono in tanti ormai che ritengono che quella venatoria non sia più la soluzione, visti i fallimenti che hanno protato all’attuale proliferazione. Un’ipotesi è quella di “togliere” il monopolio della caccia al cinghiale alle apposite squadre autorizzate dalla Provincia, allargandone la possibilità ad ogni cacciatore. Accanto ad una massiccia campagna di utilizzo delle gabbie di cattura.

Attirati da mangime di pastura, i cinghiali vengono intrappolati e abbattuti dagli operatori faunistici senza le braccate che disperdono i branchi e aumentano i rischi di incidenti di caccia. Ma in molti sollevano un problema di autorizzazioni a metterle che arrivano con il contagocce. Critiche anche alla formula dell’autodifesa dei cacciatori che possono sparare ai cinghiali sui loro fondi: è un lavoro in più per chi è già tutto il giorno nei campi e, soprattutto, ottenere il porto d’armi è un miraggio.

(Foto Guru)

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