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Agricoltura

Emergenza cinghiali: la Provincia di Asti punta alla filiera della carne di selvatico

Secondo il presidente Lanfranco solo così si attiverà un interesse reale intorno agli abbattimenti e una sicurezza per i consumatori

«La Provincia di Asti è l’unica del Piemonte ad aver messo in campo tutte le attività consentite dalla legge nell’abbattimento dei cinghiali e visto che questo non basta bisogna fare un passo in più, anche con la collaborazione degli agricoltori»: a parlare è Paolo Lanfranco, presidente della Provincia, al termine di una partecipata videoconferenza con i sindaci astigiani e i rappresentanti delle associazioni agricole.
«Da noi sono attive le braccate di contenimento, le battute di selezione, è consentita la caccia per autodifesa dell’agricoltore cacciatore che può abbattere i capi sulle sue proprietà ed è presente la figura dell’OFS, Operatore Faunistico già intervenuto su chiamata per risolvere segnalazioni di cinghiale. Di più non possiamo fare e vorrei ricordare che siamo stati fortemente criticati quando, durante il lockdown, avevamo chiesto alle squadre di uscire a caccia per fermare la proliferazione dei selvatici. Ne nacque un’ondata di aspre critiche e dure prese di posizione ma i disastri di queste settimane ci hanno dato ragione».
Nonostante il rallentamento delle battute, nel 2020 sono stati 1620 i capi abbattuti e nei primi tre mesi del 2021 sono già 652.
Il presidente Lanfranco fa appello alle associazioni di categoria affinchè convincano sempre più associati a prendere il porto d’armi e a praticare l’autodifesa sui propri campi oppure, in alternativa, a sistemare i gabbioni di cattura.
«Ma una vera svolta, sono convinto, si avrà quando si svilupperà una corretta completa filiera della carne di cinghiale, controllata dal punto di vista sanitario e con canali di smercio efficaci. Solo così si creeranno le condizioni per stimolare la caccia al cinghiale».

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