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Ex Acna, Syndial: l'area è bonificataI sindaci: ci sono materiali pericolosi
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Ex Acna, Syndial: l'area è bonificata
I sindaci: ci sono materiali pericolosi

L’Acna è un nome che fa ancora paura in Valle Bormida, sinonimo di naftalene, benzene, acidi e coloranti scaricati per decenni nelle acque del Bormida. Un inquinamento durato un secolo, che ha coinvolto tre province piemontesi (Cuneo, Asti e Alessandria) e terminato nel 1999 con la chiusura dello stabilimento di Cengio. “Valle Bormida Pulita” e sindaci chiedono una documentazione. Il deputato Fiorio: «Bisogna pretendere un monitoraggio continuo»

E’ stato un sopralluogo minuzioso quello concluso al sito dell’ex Acna di Cengio (SA). Accompagnati dai tecnici ENI, a cui fa capo l’azienda, e da alcuni parlamentari come l’astigiano Massimo Fiorio una delegazione di sindaci liguri e piemontesi, tra cui il neo eletto Ambrogio Spiota di Monastero e Alessandro Degemi di Cessole, insieme alle associazioni ambientaliste hanno preso atto dello stato dei lavori della bonifica. Un confronto atteso da tempo. L’Acna è un nome che fa ancora paura in Valle Bormida, sinonimo di naftalene, benzene, acidi e coloranti scaricati per decenni nelle acque del Bormida. Un inquinamento durato un secolo, che ha coinvolto tre province piemontesi, di Cuneo, Asti e Alessandria, e terminato nel 1999 con la chiusura dello stabilimento di Cengio.

Da allora i due commissari straordinari che si sono alternati all’ACNA-Syndial hanno portato avanti i lavori di bonifica per monitorare e prevenire percolati che potessero infettare nuovamente le acque fluviali. Un’operazione che avrebbe dovuto concludersi nel 2013. La Syndial, società Eni che dal 2003 ha acquistato l’azienda, ritiene conclusa la bonifica della vasta area contaminata ed è ora interessata a dismettere l’ex-Acna. Scopo, quello di puntare all’insediamento di nuovi impianti produttivi facendo ripartire l’occupazione nel piccolo comune ligure.

Ad essere preoccupati, però, i sindaci del versante piemontese, il più colpito dall’inquinamento. In termini di salvaguardia ambientale, i primi cittadini piemontesi insieme all’associazione "Valle Bormida Pulita" chiedono una documentazione certificata che comprovi la messa in sicurezza del sito. Restano, infatti, materiali pericolosi interrati. Dubbi espressi anche dall’on. Fiorio. «Occorrono garanzie», ha dichiarato il deputato PD «affinché la cessione del sito non rappresenti una minaccia per i comuni a valle del Bormida. Bisogna pretendere un monitoraggio continuo per tenere sotto controllo la situazione a partire dalla falda».

Come se non bastasse, a questo va aggiunto poi il nodo sul risarcimento. Negli anni si parlava di cifre ragguardevoli, 200/300 milioni di euro che l’Acna-Syndial avrebbe dovuto destinare ai comuni danneggiati per opere e interventi di sviluppo economico-turistico. Verosimilmente si tratterà di cifre più contenute, sui 50/60 milioni di euro anche se la trattativa tra le Regioni Piemonte e Liguria non ha ancora quantificato ufficialmente l’indennizzo per una valle soffocata dai veleni.

Questioni riprese anche mercoledì scorso in Regione Piemonte in occasione della firma del protocollo per il Contratto di fiume del Bormida. A Torino erano presenti sindaci di Monastero, Mombarone e Vesime i quali hanno chiesto un impegno dell’assessore all’ambiente Roberto Ravello. La Regione Piemonte si è impegnata a prendere contatti con il ministro all’ambiente Andrea Orlando, così come l’on. Fiorio che nelle prossime ore contatterà il ministro per concordare un sopralluogo in valle. «E’ un bene che si torni a parlare dell’Acna – ha commentato il sindaco SpiotaChi inquina deve pagare anche se ogni risarcimento non sarà mai sufficiente a coprire il danno arrecato».

Dello stesso avviso anche il sindaco di Bubbio Fabio Mondo: «In questi anni non abbiamo mai abbassato la guardia. La bonifica è stata graduale, il fiume è tornato a vivere e ad acquistare i suoi colori naturali. Resta il fatto che in questa valle si registra tra i tassi più alti di malattie tumorali al seno e alla vescica del Nord-Italia. Difficile se non impossibile dimostrare un collegamento ma qui non c’è famiglia che non conti almeno un malato di cancro».

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