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Lotta alla flavescenza, serve la ricerca
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Lotta alla flavescenza, serve la ricerca

La flavescenza dorata è senza dubbio una delle maggiori minacce che in questi anni si sono presentate alla viticoltura astigiana, che in molte zone potrebbe subire riduzioni drammatiche se non si troveranno efficaci rimedi alla diffusione della malattia. Sino ad oggi sono stati stabiliti trattamenti obbligatori contro la diffusione dello Scaphoideus Titanus, l’insetto che vive soltanto sulla vite e funge da vettore della malattia che determina la morte della pianta…

Il problema della flavescenza dorata è senza dubbio una delle maggiori minacce che in questi anni si sono presentate alla viticoltura astigiana, che in molte zone potrebbe subire riduzioni drammatiche se non si troveranno efficaci rimedi alla diffusione della malattia. Nella sala conferenze del Settore Provinciale Agricoltura, in Piazza San Martino, sono stati presentati i dati di una metodologia sperimentale, realizzata con particolari formulati e finalizzata alla bio-stimolazione delle difese della pianta. Sino ad oggi sono stati stabiliti trattamenti obbligatori, da effettuarsi in giorni fissati, contro la diffusione dello Scaphoideus Titanus, l’insetto che vive soltanto sulla vite e funge da vettore della malattia che determina la morte della pianta.

«Il decreto di lotta obbligatoria è utile ma non basta – ha spiegato il dirigente dell’Area Agricoltura, Paolo Guercio – perché la nostra superficie vitata è sparpagliata in situazioni difficili, con terreni incolti ed altri curati da hobbysti: dopo 12 anni di applicazione del decreto non c’è ancora sicurezza, soprattutto perché l’ambiente non è sempre pulito e questo favorisce la relazione insetto – agente patogeno – ambiente. Ci sono però piante che mostrano una naturale resistenza all’infezione, forse perché hanno in sè maggiori resistenze, che consentono di sopravvivere all’infezione. Si è perciò iniziato a lavorare su prodotti chimici biostimolanti, che diano alle piante più resistenza, maggiore produttività e minore stress».

Il dott. Alessandro Risso ha quindi illustrato i risultati della ricerca condotta con induttori di resistenza su di un totale di 28 vigneti (26 trattati in modo convenzionale e due a coltivazione biologica) sparsi in quattordici Comuni della provincia di Asti. «In ogni gruppo di vigneti – ha detto il dott. Risso – sono stati provati prodotti specifici, trattando però solo metà della superficie per avere un confronto; inoltre sono state sistemate delle trappole biologiche per la cattura dello Scaphoideus titanus e per la valutazione del grado di contagio. Sono stati effettuati trattamenti sia per via radicale, sia fogliare, su tutte le tipologie di vite del territorio, in diverse condizioni ambientali e di esposizione.».

I risultati sono stati illustrati con numerosi grafici, nessuno dei quali ha però mostrato un’incidenza risolutiva del trattamento effettuato: si tratterà ora di valutare se proseguire o meno la sperimentazione, allargandola a prodotti diversi. Soprattutto, però, servirà grande collaborazione fra le istituzioni, allo scopo di incrementare la ricerca. All’incontro organizzato dal Servizio Agricoltura sono intervenuti numerosi viticoltori proprietari dei vigneti trattati. Maurizio Rasero, vice direttore della Fondazione CRAt, ha assicurato il sostegno della Fondazione a progetti di così grande rilevanza per l’economia dell’intero territorio astigiano.

Renato Romagnoli

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