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Alcuni arazzi di Scassa
Attualità
Il caso

Gli arazzi, un brand economico che Asti deve valorizzare

L’Arazzeria Scassa svela i suoi nuovi progetti e racconta il “non facile” rapporto con la città

A San Maurizio d’Opaglio, borgo di 3.000 anime nel Novarese, esiste una realtà molto particolare, quasi unica nel suo genere: “Il Museo del Rubinetto”. È un museo, ma anche un luogo di cultura, di eventi, un partner per il Comune in diversi progetti e un volano per attirare turisti interessati a scoprire tutto, ma proprio tutto, sui rubinetti. In paese si respira l’orgoglio dei residenti di abitare vicino a questo curioso museo. Ad Asti esiste una realtà ancora più unica, storica e conosciuta in buona parte del mondo, ma quasi ignorata in “Patria”.

Perché l’Arazzeria Scassa, per varie ragioni, non è ancora stata valorizzata per quello che è: una straordinaria fucina artigianale che ha portato il nome di Asti in Europa, in Asia, in America grazie ai suoi arazzi, desiderati, acquistati, esposti e commissionati da grandi nomi dell’imprenditoria, della moda, dell’arte, della cultura, da Enti e Fondazioni che, fin dal 1957, hanno saputo apprezzare l’opera di Ugo Scassa, dei suoi famigliari e dei suoi collaboratori. Eppure l’Arazzeria, che ha sede nell’ex certosa di Valmanera, continua ad essere considerata una realtà intangibile, quasi un satellite di cui ogni tanto si parla, di solito in querelle più o meno accese, quando invece meriterebbe un po’ più di attenzione.

Massimo Bilotta, amministratore dell’Arazzeria Scassa

«Tengo a precisare che siamo vivi e vegeti, una bella realtà che continua la sua tradizione iniziata negli anni ‘50, ma proiettata nel futuro e intenta a sviluppare tanti progetti culturali di ampio respiro – spiega Massimo Bilotta, amministratore unico dell’Arazzeria e nipote di Ugo Scassa – A fine mese inizieremo un corso di tessitura con l’Accademia di Brera. Quindici studenti verranno ad Asti per frequentare un corso di specializzazione di tessitura “ad alto liccio” nel nostro atelier. Saranno ospiti per due settimane a Casa Nebiolo, a Migliandolo, dove c’è una bellissima realtà come la Tavola di Migliandolo, una residenza per artisti e creativi». Insomma, l’Arazzeria Scassa attira visitatori, ma anche giovani artisti che riconoscono la peculiarità della tradizione di Scassa nella creazione degli arazzi.

La querelle sulla mostra

Asti, nonostante non se ne parli molto, è una città degli arazzi a tutti gli effetti e la mostra in corso a Palazzo Mazzetti, dove sono esposte anche alcune opere realizzate dall’Arazzeria Scassa, ma di proprietà della Banca e di altri enti, lo sancisce senza dubbio. Eppure la mostra è stata organizzata senza l’apporto diretto dell’Arazzeria Scassa che, anzi, pochi giorni prima dell’inaugurazione, aveva preso le distanze dal progetto con una nota stampa ufficiale. «La mostra a Palazzo Mazzetti – aveva spiegato Bilotta – non prevede alcuna collaborazione, operativa, di consulenza e scientifica dell’Arazzeria Scassa, così come non sono esposti arazzi di proprietà della famiglia Scassa». Perché? «Perché non si è arrivati a un accordo con Asti Musei tenuto conto che l’Arazzeria è una realtà imprenditoriale e non una Fondazione» precisa Bilotta.

«I nostri arazzi – continua – suscitano molto interesse perché sono opere moderne, hanno un valore culturale, didattico. Riceviamo richieste per visitare l’atelier, per organizzare corsi anche a privati. Abbiamo progettato un nuovo sito internet che ha subito ottenuto un ottimo riscontro, stiamo creando contenuti digitali e per i social e in futuro vorrei riaprire il Museo degli Arazzi non soltanto per esporre le nostre opere, ma come luogo di cultura, di incontri, una vera e propria piattaforma di aggregazione aperta ai giovani e a chi pensa che la cultura sia qualcosa di inclusivo e non di esclusivo per pochi».

Paradossalmente Asti potrebbe addirittura avere, un giorno, due musei dedicati agli arazzi: uno di Scassa e l’altro pubblico. Una concorrenza che non gioverebbe a nessuno dei due. La creazione di un Museo degli Arazzi è stata inserita tra i progetti del Piano Strategico per lo Sviluppo dell’Astigiano. In passato, durante l’amministrazione Brignolo (2015), si tentò di allestire un Museo permanente degli Arazzi Scassa nell’ex biblioteca, ma, anche in quel caso, scoppiò una querelle fortissima tra alcuni consiglieri di opposizione e il sindaco. Volarono accuse di ogni tipo e critiche in merito agli obblighi che la donazione modale avrebbe creato per il Comune, tra cui dover ospitare Ugo Scassa e la moglie in un piccolo alloggio ricavato a ridosso dell’area museale, a Palazzo Alfieri. Lo stesso Scassa, deceduto nel 2017 a 88 anni, fu praticamente costretto a fare un passo indietro e ritirare l’offerta di donare al Comune 17 opere più un tappeto e di dare in prestito, sempre all’?Ente, il resto della collezione.

«Mio zio, per fortuna, non aveva bisogno di un piccolo alloggio gratuito in centro, – ricorda Bilotta – ma sarebbe stato bellissimo creare quel Museo. Fu un’occasione persa per tutta la città». Da allora l’Arazzeria Scassa ha continuato la sua esistenza “isolata” in quel di Valmanera. «Siamo una realtà che funziona bene – conclude Bilotta – Ma siamo anche un “claim” del territorio, un biglietto da visita che può aprire molti contatti con realtà imprenditoriali e culturali di altissimo livello. Quando i turisti vengono qui li accogliamo con gioia, indichiamo loro dove mangiare e promuoviamo le nostre eccellenze: eppure questo luogo di bellezza è ignorato da chi, invece, dovrebbe promuovere le peculiarità del territorio. Io non ho pregiudizi, ma quella Mostra degli Arazzi a Palazzo Mazzetti è stata, dal nostro punto di vista, un vero sfregio a tutto quello che rappresenta l’Arazzeria Scassa».

Asti e l’Arazzeria, un rapporto complicato da “separati” in casa sebbene una vera collaborazione porterebbe indubbi vantaggi a tutti. Perché non provarci?

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