Un gruppo di circa venti ex dipendenti della Casa di Riposo “Città di Asti” si trova in una situazione di grave difficoltà economica a seguito della sospensione del sostegno finanziario che la Regione Piemonte aveva promesso loro fino a dicembre 2024. I lavoratori, da quanto denunciato dai sindacati, sono stati lasciati senza contributo economico e, pare, senza particolari spiegazioni con il sostegno interrotto a partire da agosto. Soldi che erano stati erogati come “ammortizzatore sociale” dopo la chiusura della struttura avvenuta due anni fa. La decisione della Regione, guidata dal Presidente Alberto Cirio, ha suscitato indignazione e preoccupazione anche perché i fondi, garantiti attraverso Finpiemonte Partecipazioni, erano stati promessi per sostenere i lavoratori durante la delicata fase di ricollocazione professionale. La maggior parte di loro (36 unità) è stata ricollocata, ma per gli ultimi disoccupati rimasti la possibilità di trovare un nuovo impiego sembra essere molto remota.
A seguito di un’interrogazione presentata dal consigliere regionale astigiano Fabio Isnardi (Pd), la Regione ha fornito risposte considerate insoddisfacenti, aumentando ulteriormente la preoccupazione. Mario Malandrone, consigliere comunale in rappresentanza del gruppo Ambiente Asti, ha espresso la sua solidarietà ai lavoratori e chiesto al Presidente Cirio e alla giunta regionale di chiarire la situazione. «Quali sono le motivazioni che hanno portato all’interruzione anticipata del sostegno economico? – domanda – Cosa ha portato alla decisione di non rispettare l’impegno iniziale di garantire i fondi fino a dicembre? Perché i lavoratori non sono stati informati preventivamente di questa decisione, lasciandoli in gravi difficoltà economiche? Esiste la possibilità di ripristinare e ridistribuire il sostegno economico fino a fine anno, come inizialmente promesso?». Dal consigliere è arrivato anche un appello al Presidente Cirio e alla giunta regionale, a prendere posizione pubblicamente e risolvere la situazione al più presto per tutelare i diritti dei lavoratori coinvolti.
Richieste mosse anche dai sindacati che tutelano i diritti dei lavoratori e che avevano organizzato un sit-in per martedì mattina, davanti alla sede della Regione, salvo poi annullarlo dopo essere venuti a conoscenza che non si sarebbe svolto il Consiglio regionale. Ma, per quanto la situazione degli ex lavoratori del Maina, ancora senza impiego, sia molto critica, ci sono dei motivi che hanno portato all’attuale “stallo”. Interpellata dal giornale, Finpiemonte Partecipazioni ha precisato di non essere lei a pagare il sussidio oggetto del contendere, ma di aver erogato un plafond di un milione di euro ai commissari liquidatori della Casa di Riposo per sostenere il reddito degli ex dipendenti. Questo perché gli ex lavoratori non hanno potuto accedere alla cassa integrazione, né ad altri ammortizzatori sociali previsti dalla Regione.
Finpiemonte Partecipazioni, raccogliendo l’istanza della Regione e di più soggetti istituzionali del territorio, ha anticipato la cifra a fronte della garanzia di rientrare di quei soldi una volta venduto all’asta l’immobile. Vendita che, nonostante i vari tentativi già espletati, non è ancora avvenuta e che sembra essere ancora remota. Sarebbe proprio questa mancata vendita il motivo principale che impedirebbe, da parte di Finpiemonte Partecipazioni, la possibilità di fornire nuova liquidità ai commissari per sostenere il reddito degli ex occupati. Dalla Regione invece hanno rassicurato che «i lavoratori rimasti senza impiego verranno comunque accompagnati alla ricerca di un nuovo lavoro anche se il sostegno finanziario non fosse più erogato».
Diverso l’approccio del sindacato che non solo vuole mantenere alta l’attenzione sul caso, ma ha annunciato battaglia pur di «difendere il diritto di queste persone a ottenere, fino a dicembre, quanto era stato garantito loro». A spiegare la posizione del sindacato è stato Alessandro Delfino, Segretario Generale della Cisl Funzione Pubblica Alessandria Asti: «Questa, a tutti gli effetti, è come se fosse una vertenza aziendale perché c’è gente che da agosto non prende lo stipendio. Parliamo di 18 persone a circa 800 euro al mese e che oggi non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. La Regione deve trovare il modo di trovare quei soldi, perché si tratta di 130.000 euro per gli ultimi quattro mesi dell’anno». Ma da Delfino non è mancata una critica di natura politica: «La Giunta regionale deve staccarsi – conclude – dall’approccio ideologico dettato dell’assessorato al Welfare».