Il vino, eccellenza del nostro territorio, un brand che parla di sapori e tradizioni locali, che racconta l’anima dell’Astigiano più di ogni altro prodotto. Ma nell’era del marketing digitale può il vino trovare una nuova via di promozione attraverso il web, tenuto conto che sulla rete non si sentono i sapori né si può ancora gustare un prodotto come dal vivo?
«Il vino ha già trovato una strada di promozione attraverso il web, esistono piattaforme, e-commerce, marketplace, pagine di Instagram, soprattutto da un paio di anni a questa parte. L’accesso al mercato globale è sempre più importante, i consumatori e i modelli di business si evolvono in modo molto rapido, è quindi fondamentale agire in modo proattivo alle nuove opportunità, sfruttando il web. Ci si può affidare al marketing digitale, ma per farlo è più che mai importante rivolgersi a esperti del settore. Il settore del vino è di nicchia e tecnico; trasferire questo know how “esclusivo” nel mondo online non è per nulla semplice. Come sempre bisogna adottare una strategia, il mercato del digitale ha le sue regole ed è in costante evoluzione».
Il vino nasce sempre da una vendemmia, il momento più atteso che determinerà la qualità del prodotto finale. Nell’era delle messaggistica istantanea, dei tweet, dei selfie su Instagram, il vino, prodotto slow per eccellenza, può essere social? Quanto? Qual è il social network che meglio lo raffigura ed è più sicuro per gli utenti?
«È bene sapere che esistono limiti legali rispetto la promozione degli alcolici. Ad esempio il vino è bannato da TikTok. Diventa quindi importante scegliere il social non solo da un punto di vista della comunicazione, ma anche di concreta fattibilità. Ad esempio prima di aprire una pagina aziendale o un account business Facebook è necessario accertarsi di non violare i termini e le condizioni di servizio e che l’impostazione dei social sia nel rispetto della normativa privacy degli utenti. Pianificare strategie di marketing legali, senza che si incorra in un trattamento illecito di dati è importante, anche perché raccogliere i dati personali in modo lecito costituisce il proprio “portfolio”. Altro tema delicato rispetto ai social è quello legato alla tutela dei minori. Siamo sicuri che i nostri modelli Advertising non traccino dati di minori? Ad esempio la profilazione è un’attività altamente pericolosa e generalmente vietata verso questi soggetti. Infine, sarà poi importante mettere in atto procedure volte alla tutela del marchio e delle immagini pubblicate».
L’e-commerce è ovunque e arriva in ogni posto. Quindi anche i produttori di vino e le cantine sociali si stanno convertendo al digitale non solo nel marketing, ma anche nella vendita. Quali sono gli errori da non fare quando si decide di vendere il vino on line? E quali i punti di forza su cui insistere?
«Concentrandomi sulla mia attività che è la consulenza legale privacy e spesso mi occupo del settore del vino, posso risponderti che tra gli errori commessi vi è sicuramente quello di improvvisare il piano di raccolta dei dati degli utenti online, che avviene di solito senza consultare un legale esperto. Se si costruisce un e-commerce di proprietà è fondamentale mettere in atto tutti gli accorgimenti previsti dalla normativa privacy, condurre delle valutazioni sul trattamento dei dati personali dei clienti e dei prospect in modo che la raccolta sia lecita e che i dati possano essere utilizzati in futuro. Uno dei punti di forza è anche quello di affidarsi ad agenzie di comunicazioni in grado di pianificare campagne advertising efficaci e in grado di gestire la vendita online in funzione della protezione dei dati».
Anche i Consorzi dei produttori, che tutelano il marchio e la qualità di un dato prodotto, si sono convertiti al digitale e si muovono cercando di intercettare clienti tra le nuove generazioni. Alcuni scelgono di farsi rappresentare da un influencer, altri ingaggiano un personaggio famoso cui associare un dato vino. Quanto è importante, per i Consorzi, analizzare i “dati digitali” che la rete può raccogliere per loro? Quanto conta questo aspetto sulla strategia di vendita?
«I Consorzi e le cantine affiliate potrebbero sviluppare progetti di comunicazione condivisi con l’obiettivo di raccogliere dati personali, ad esempio sviluppando proprie piattaforme di rete volte alla sponsorizzazione turistica del territorio. Tutto questo però richiede la definizione a lungo termini di nuovi modelli di collaborazione, accordi di co-marketing, gestione dei data base in comune. I dati personali sono la nuova moneta ed è quindi fondamentale intercettarne il loro valore il prima possibile. Per far crescere in modo lecito il “pacchetto di dati digitali” bisogna adottare tutte le prescrizioni legali. Per quanto riguarda gli influencer, è chiaro che gli aspetti contrattuali sono rilevanti, come quelli legati alla reputazione».
Un progetto economico di promozione digitale quali aspetti deve tenere in conto per non trasformarsi in un investimento a vuoto? Quali figure dovrebbero essere incluse in una strategia di vendita 2.0?
«Bisogna studiare i social per differenziarsi dai concorrenti e per farlo è necessario un’analisi ben precisa del mercato del vino digitale. Un piano di digital marketing ha valore se la raccolta dei dati consente di aumentare la visibilità e il pacchetto clienti. Su internet non ci si può buttare a capofitto senza conoscerne le regole. È un ambito legale specifico, la cui expertise si acquisisce con la pratica, stando sempre sul pezzo. È molto importante affidarsi a figure che si occupino di analisi strategica (sia legale che contrattuale). Oltre alla competenza legale, vi sono anche gli aspetti di consulenza fiscali e di sicurezza informatica che vanno considerati imprescindibili».
Una strategia digitale che vuole promuovere il vino non potrà mai fare a meno di…?
«Oltre che di una buona comunicazione, le aziende vitivinicole nella strategia digitale hanno bisogno di una consulenza legale che aiuti loro a raccogliere i dati e quindi ad aumentare le vendite. Una strategia digitale, poi, non può non tenere conto dello studio dei rischi di immagine e di reputazione del brand e dell’imprenditore».
L’avvocato Francesca Bassa è Delegato locale Federprivacy. Privacy Officer certificato, si è laureata in Legge alla Bocconi di Milano e ha conseguito un Master in Sicurezza delle informazioni a La Sapienza di Roma. Attiva nel campo della data protection e cybersecurity da anni, ha lavorato in contesti internazionali e per multinazionali del web. Assiste aziende su adeguamenti normativi e GDPR. È docente di alta formazione in ambito privacy, collabora con Università ed Enti. È socia fondatrice dello Studio legale Bd LEGAL di Milano (bd-legal.it) e collabora con lo studio legale Florio di Asti.