Sono amiche e compagne di scuole dai tempi delle medie, hanno frequentato insieme il Liceo Classico Alfieri e oggi, dalle diverse università in cui studiano, sono riuscite a mettere insieme un progetto che ha superato una severa selezione e rappresenterà l’Europa alla finale che si terrà a Ginevra il 16 novembre.
Il loro “Ardè” è uno dei 5 progetti scelti a livello mondiale dal Geneva Challenge nell’ambito del concorso di idee su soluzioni pratiche ed ecosostenibili a problemi su scala mondiale.
E, ancora una volta, lo sguardo va rivolto ai più giovani, la generazione che nel suo Dna associa la dimestichezza digitale ad una fortissima esigenza di salvaguardia ambientale. Una generazione che ha già capito che il futuro passa attraverso un modo di vita minimale, senza opulenze.
E così, Miriam La Matina, (laureata in Fisica all’università degli studi di Padova attualmente studentessa della magistrale in Physics), Isabella Adinolfi, (studentessa di Farmacia all’università degli studi di Pavia), Anna Rosso, (laureata in economia aziendale all’università degli studi di Torino e studentessa per conseguire la magistrale in
amministrazione e controllo aziendale) e Gaia Mussa, (laureata in scienze della comunicazione all’università degli studi di Torino e studentessa della magistrale in Comunicazione pubblica e d’impresa in digital
communication and public opinion all’università degli studi di Milano) hanno ripescato nella memoria dei loro nonni un modo di vivere più sostenibile e lo hanno riproposto in chiave moderna.
Il progetto “Ardè” riguarda il food delivery, ovvero le consegne a casa di cibo, già presenti da anni che hanno avuto un’impennata con le chiusure da Covid.
Vi siete mai chiesti quale quantità di rifiuti produce questa modalità? Le quattro universitarie astigiane sì e hanno studiato un sistema che consenta di utilizzare dei contenitori “a rendere” che possano essere riutizzati per le consegne successive.
Il contenitore è pressapoco il vecchio “baracchino” degli operai degli Anni Cinquanta: in acciaio inox, garantisce robustezza, durata nel tempo, facilità di igienizzazione.
L’idea è di creare una rete nella ristorazione che confeziona e spedisce il cibo in delivery dentro i contenitori di acciaio per i quali i clienti pagano una cauzione al primo utilizzo. Questi contenitori vengono poi restituiti ai ristoranti (direttamente o attraverso un sistema di recupero a domicilio) e la cauzione viene “scontata” sull’ordine successivo in modo da favorire la restituzione del contenitore.
In questo modo si eviterebbero montagne di contenitori usa e getta da smaltire.
Le quattro studentesse hanno lavorato ognuna per la sua competenza ad un segmento del progetto: da chi ha individuato il materiale per il contenitore a chi ne ha studiato l’igienizzazione, da chi ha curato il business plan a chi ha effettuato un sondaggio preliminare per capire se potesse essere un’idea che incontrava il favore dei consumatori i delivery.
E in meno di sei mesi hanno messo in piedi un progetto replicabile in tutto il mondo che, il 16 novembre, rappresenterà tutta l’Europa.